Franco Buccino(Repubblica ed. Napoli 23 agosto 2016 pag. VI)In questa lunga estate l’argomento scuola ha contribuito ad alimentare giudizi e pregiudizi nei confronti del Mezzogiorno e dei suoi docenti. Gli studenti maturatisi con il massimo dei voti, quest’anno come nei precedenti, sono molti di più nelle regioni del Sud che in quelle del Nord. Molti docenti, tra quelli stabilizzati nel ruolo, sono stati destinati al Nord, il che ha dato origine a proteste e ricorsi. Due fatti evidenti e che tutti possono verificare. I maturati con 100 e lode sono 5133 in tutto il paese; oltre 2100 concentrati in Puglia, Campania e Sicilia. Tra i docenti precari stabilizzati e interessati alla mobilità (72.000) i tre quarti sono meridionali (54.000), di essi il 45% (24.000) è rimasto al Sud, il 55% (30.000) è andato al Nord. La maggioranza dei posti si trova al Nord. Eventuali errori nelle operazioni, e relative rettifiche, non cambiano la distribuzione dei posti tra le varie regioni. Sono due fatti rilevanti che andrebbero esaminati e approfonditi, anche nelle cause e nelle conseguenze, per evitare giudizi sommari e superficiali. Che derivano, magari, da antichi pregiudizi e in tali pregiudizi continuano a sfociare. Atteggiamento complice e furbesco, superficialità e pressapochismo, inerzia e un presunto atteggiamento da lavativi.Il massimo dei voti con lode alla maturità l’hanno sempre ottenuto in percentuale maggiore gli studenti meridionali.Chi ha insegnato sia al Sud che al Nord può testimoniare che si trovano più “eccellenze” al Sud. Forse in un contesto modesto e deprivato più studenti sono portati a impegnarsi, o forse gli studenti bravi “eccellono” più facilmente.O, più banalmente, la sufficienza data a studenti che non la raggiungono, determina un conseguente innalzamento dei voti a catena. Fino alla lode. No, si insiste con caparbietà, sono i docenti di manica larga, gli danno una mano, così come la danno ai propri alunni nelle prove Invalsi: li fanno copiare.Quanto valgono gli studenti meridionali lo dicono le varie classifiche Ocse-Pisa: lì occupano gli ultimi posti. Quest’argomento sembra più serio. Abbandoni precoci, dispersione scolastica, risultati insoddisfacenti nel conseguimento delle competenze di base e nei contenuti disciplinari. Una storia, questa sì, che si ripete nel silenzio generale e nell’indifferenza dell’amministrazione. Al posto di pensare a tempo pieno, tempo prolungato, tempi distesi e laboratori, quasi inesistenti nelle scuole del sud; al posto di pensare a strutture più adeguate e a palestre che non siano in locali adattati; al posto di pensare a un organico potenziato soprattutto nelle scuole a rischio, il ministro, l’ineffabile Giannini, ripropone “Scuole aperte”, aperte il pomeriggio e d’estate, ma non dagli insegnanti, bensì da esperti, esterni alle scuole. Al posto di strumenti ordinari, progetti. Che partono tutti dal presupposto che la scuola nei nostri territori non può che fallire. Questo è il vero scandalo, non i 100 e lode.E gli ultimi posti in classifica non è colpa degli insegnanti meridionali, che già la Gelmini voleva ri-formare, formare daccapo. Del resto, se la maggioranza degli insegnanti del nostro paese, forse il 70%, è meridionale per residenza o per provincia di nascita, perché dovrebbero essere bravi al Nord e poco preparati al Sud, giustamente severi nelle regioni settentrionali e di manica larga in quelle meridionali. Gli stessi insegnanti.Se la maggioranza, la stragrande maggioranza, dei nostri insegnanti è meridionale, non esiste evidentemente un loro atteggiamento da lavativi, una resistenza a spostarsi in altre regioni. Lo fanno da sempre. Hanno scelto finora di andar fuori docenti, in genere giovani, per avere la certezza del lavoro e una più spedita immissione in ruolo. Dopo, gradualmente, molti tornano. Gli insegnanti che non si spostano dal Sud, in genere meno giovani, affrontano maggiori difficoltà nelle supplenze e tempi biblici per passare di ruolo. Ma, soprattutto per motivi familiari, non hanno alternative. Ora la Buona scuola ha sovvertito proprio questa “regola”. Sono ritornati al Sud più velocemente del previsto tanti docenti di ruolo dal Nord; sono costretti ad andare al Nord tanti docenti che, non potendosi spostare, lavoravano qui da precari. “Hanno scelto loro di fare la domanda. Si sapeva, la maggior parte dei posti si trova al Nord”. Queste sono le espressioni che più hanno fatto male ai docenti, meridionali e non solo, più male delle accuse gratuite e delle ingiurie che tante persone “perbene” gli hanno rovesciato addosso. Sono le espressioni usate, purtroppo, da esponenti dl governo e della maggioranza che lo sostiene. Gli stessi che lo scorso anno di questi tempi facevano terrorismo psicologico: chi non fa la domanda si trova fuori, saranno abolite le graduatorie, le supplenze scompariranno. Gli stessi che minimizzavano gli effetti dell’operazione, che si indignavano a sentir parlare di deportazione. Gli stessi che hanno creato il meccanismo infernale che ha costretto i precari a “scegliere” cento province. Forse l’hanno fatto sulla testa dei precari, illudendosi che con queste vittime sacrificali copriranno i vuoti di organico; mentre invece, com’è facile prevedere, l’aumento dei posti di organico e di potenziamento farà aumentare il numero e il costo delle supplenze. Questi politici dovrebbero vergognarsi un po’, ammettere gli errori presenti nella loro legge, gli errori nella gestione di tale legge, e trovare dei rimedi. Sperando che i rimedi non siano quelli di ridurre o bloccare il turn over, di riconvertire in modo selvaggio i docenti in esubero, di procedere a mobilità d’ufficio. Ne soffrirebbero in particolare, come è avvenuto in passato nelle varie riforme Moratti e Gelmini, gli alunni, i docenti e le scuole meridionali. Nonostante gli oltre duemila 100 e lode che continuano a sfornare.
SCUOLA, TROPPI PREGIUDIZI SUI DOCENTI DEL SUD
Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli 23 agosto 2016 pag. VI)
In questa lunga estate l’argomento scuola ha contribuito ad alimentare giudizi e pregiudizi nei confronti del Mezzogiorno e dei suoi docenti. Gli studenti maturatisi con il massimo dei voti, quest’anno come nei precedenti, sono molti di più nelle regioni del Sud che in quelle del Nord. Molti docenti, tra quelli stabilizzati nel ruolo, sono stati destinati al Nord, il che ha dato origine a proteste e ricorsi. Due fatti evidenti e che tutti possono verificare. I maturati con 100 e lode sono 5133 in tutto il paese; oltre 2100 concentrati in Puglia, Campania e Sicilia. Tra i docenti precari stabilizzati e interessati alla mobilità (72.000) i tre quarti sono meridionali (54.000), di essi il 45% (24.000) è rimasto al Sud, il 55% (30.000) è andato al Nord. La maggioranza dei posti si trova al Nord. Eventuali errori nelle operazioni, e relative rettifiche, non cambiano la distribuzione dei posti tra le varie regioni. Sono due fatti rilevanti che andrebbero esaminati e approfonditi, anche nelle cause e nelle conseguenze, per evitare giudizi sommari e superficiali. Che derivano, magari, da antichi pregiudizi e in tali pregiudizi continuano a sfociare. Atteggiamento complice e furbesco, superficialità e pressapochismo, inerzia e un presunto atteggiamento da lavativi.
Il massimo dei voti con lode alla maturità l’hanno sempre ottenuto in percentuale maggiore gli studenti meridionali.
Chi ha insegnato sia al Sud che al Nord può testimoniare che si trovano più “eccellenze” al Sud. Forse in un contesto modesto e deprivato più studenti sono portati a impegnarsi, o forse gli studenti bravi “eccellono” più facilmente.
O, più banalmente, la sufficienza data a studenti che non la raggiungono, determina un conseguente innalzamento dei voti a catena. Fino alla lode. No, si insiste con caparbietà, sono i docenti di manica larga, gli danno una mano, così come la danno ai propri alunni nelle prove Invalsi: li fanno copiare.
Quanto valgono gli studenti meridionali lo dicono le varie classifiche Ocse-Pisa: lì occupano gli ultimi posti. Quest’argomento sembra più serio. Abbandoni precoci, dispersione scolastica, risultati insoddisfacenti nel conseguimento delle competenze di base e nei contenuti disciplinari. Una storia, questa sì, che si ripete nel silenzio generale e nell’indifferenza dell’amministrazione. Al posto di pensare a tempo pieno, tempo prolungato, tempi distesi e laboratori, quasi inesistenti nelle scuole del sud; al posto di pensare a strutture più adeguate e a palestre che non siano in locali adattati; al posto di pensare a un organico potenziato soprattutto nelle scuole a rischio, il ministro, l’ineffabile Giannini, ripropone “Scuole aperte”, aperte il pomeriggio e d’estate, ma non dagli insegnanti, bensì da esperti, esterni alle scuole. Al posto di strumenti ordinari, progetti. Che partono tutti dal presupposto che la scuola nei nostri territori non può che fallire. Questo è il vero scandalo, non i 100 e lode.
E gli ultimi posti in classifica non è colpa degli insegnanti meridionali, che già la Gelmini voleva ri-formare, formare daccapo. Del resto, se la maggioranza degli insegnanti del nostro paese, forse il 70%, è meridionale per residenza o per provincia di nascita, perché dovrebbero essere bravi al Nord e poco preparati al Sud, giustamente severi nelle regioni settentrionali e di manica larga in quelle meridionali. Gli stessi insegnanti.
Se la maggioranza, la stragrande maggioranza, dei nostri insegnanti è meridionale, non esiste evidentemente un loro atteggiamento da lavativi, una resistenza a spostarsi in altre regioni. Lo fanno da sempre. Hanno scelto finora di andar fuori docenti, in genere giovani, per avere la certezza del lavoro e una più spedita immissione in ruolo. Dopo, gradualmente, molti tornano. Gli insegnanti che non si spostano dal Sud, in genere meno giovani, affrontano maggiori difficoltà nelle supplenze e tempi biblici per passare di ruolo. Ma, soprattutto per motivi familiari, non hanno alternative. Ora la Buona scuola ha sovvertito proprio questa “regola”. Sono ritornati al Sud più velocemente del previsto tanti docenti di ruolo dal Nord; sono costretti ad andare al Nord tanti docenti che, non potendosi spostare, lavoravano qui da precari. “Hanno scelto loro di fare la domanda. Si sapeva, la maggior parte dei posti si trova al Nord”. Queste sono le espressioni che più hanno fatto male ai docenti, meridionali e non solo, più male delle accuse gratuite e delle ingiurie che tante persone “perbene” gli hanno rovesciato addosso. Sono le espressioni usate, purtroppo, da esponenti dl governo e della maggioranza che lo sostiene. Gli stessi che lo scorso anno di questi tempi facevano terrorismo psicologico: chi non fa la domanda si trova fuori, saranno abolite le graduatorie, le supplenze scompariranno. Gli stessi che minimizzavano gli effetti dell’operazione, che si indignavano a sentir parlare di deportazione. Gli stessi che hanno creato il meccanismo infernale che ha costretto i precari a “scegliere” cento province. Forse l’hanno fatto sulla testa dei precari, illudendosi che con queste vittime sacrificali copriranno i vuoti di organico; mentre invece, com’è facile prevedere, l’aumento dei posti di organico e di potenziamento farà aumentare il numero e il costo delle supplenze.
Questi politici dovrebbero vergognarsi un po’, ammettere gli errori presenti nella loro legge, gli errori nella gestione di tale legge, e trovare dei rimedi. Sperando che i rimedi non siano quelli di ridurre o bloccare il turn over, di riconvertire in modo selvaggio i docenti in esubero, di procedere a mobilità d’ufficio. Ne soffrirebbero in particolare, come è avvenuto in passato nelle varie riforme Moratti e Gelmini, gli alunni, i docenti e le scuole meridionali. Nonostante gli oltre duemila 100 e lode che continuano a sfornare.