Franco Buccino
Repubblica ed. Napoli 13 maggio 2012 pag. VIII (fino all’asterisco)
Per qualche giorno si è riparlato di pensionati. Perché sono stati pubblicati dati Istat dai quali si evince che in Italia un pensionato su due vive con meno di mille euro di pensione. Con questi soldi la maggioranza di loro non ce la fa ad arrivare alla fine del mese: i più fortunati sono aiutati dai figli, mentre la situazione è drammatica per quelli che ancora si fanno carico dei figli e dei loro problemi. La spesa diventa sempre più un’avventura; ci sono prodotti ormai proibitivi che scompaiono del tutto dalla loro tavola; nei mercatini le file diventano lunghe, e gli anziani si trovano dinanzi non solo gli immigrati. Molte tasse li colpiscono allo stesso modo degli altri; aspettano con terrore di conoscere gli importi dell’Imu. Prendono le distanze dal governo Monti, come dal precedente. Sono arrabbiati con l’attuale governo anche perché, scegliendo la politica dei due tempi, li ha esclusi e condannati: loro hanno solo questo tempo. L’equità deve procedere parallela al rigore e ai sacrifici, come l’occupazione dei figli e nipoti disoccupati deve procedere parallela alla riforma del lavoro. È difficile fargli cambiare idea.
Anche per l’inaspettato risvolto politico delle loro testimonianze, i riflettori sui pensionati si sono precipitosamente spenti. E non si è fatto in tempo a illustrare i tanti problemi e le tante difficoltà che incontrano. Problemi e difficoltà che in Campania si raddoppiano, anzi si triplicano. E non è la solita abitudine napoletana di esagerare. Nella nostra regione oltre il 60% dei pensionati ha una pensione che non supera i 700 euro e più del 25% vive con la sola pensione sociale. Questi importi modesti sono spesso utilizzati, come manna dal cielo, in famiglie che soffrono il dramma della disoccupazione. La disoccupazione in Campania è la più alta del paese, quella giovanile supera abbondantemente il 50%, quella femminile è stratosferica; non aumenta solo il numero delle donne in cerca di occupazione, ma perché scoraggiate da lunghe e inutili ricerche. Con queste pensioni non è certo migliore la situazione dell’anziano che vive da solo. Ma i problemi dei pensionati si triplicano in Campania, se solo consideriamo le politiche della Regione e lo stato dei servizi, almeno i principali, sanità, trasporti, servizi sociali.
Da marzo ci sono tasse regionali e comunali molto alte su stipendi e pensioni. Di cui si sono preoccupati perfino quei benestanti che in genere non si accorgono di questo tipo di prelievi. Figuriamoci i pensionati. C’è un vero e proprio drenaggio di quel poco che rimane. I servizi poi sono in genere scadenti e scarsi. Il presidente Caldoro ancora si vanta per il comportamento virtuoso della Regione nel rientro del deficit nella sanità attraverso la razionalizzazione della spesa e l’introduzione di ticket. E non si rende conto dell’attentato alla salute che ha fatto, soprattutto degli anziani. I quali rinunciano spesso a visite specialistiche, esami e cicli di terapie, perché non sanno dove farli, perché non hanno chi li accompagni, perché i tempi di attesa sono troppo lunghi. E le cose non vanno meglio nei trasporti.*
* Veicoli e treni fermi per manutenzione, riduzione di risorse e personale, fallimenti di consorzi. Colpiti dal disservizio sono quelli che si vedono alle fermate: studenti, donne e anziani. In tutta la regione, anche nei paesi interni. Infine la spesa sociale dei comuni è ormai vicina allo zero. Non può capitare di peggio a un non autosufficiente che vivere in Campania.
Mentre si celebra in Italia e in Europa l’anno internazionale dell’invecchiamento attivo, gli anziani, come dice la segretaria dei pensionati campani della Cgil, “scivolano a frotte nella povertà”. E una cinica classe dirigente resta indifferente. Allora, chiediamo di abolire l’anno dell’invecchiamento attivo. Almeno in Campania.