Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli 9 dic. 2012)
Sono state brave le maestre di Scampia a non far vedere ai loro alunni la scena del delitto nel cortile della scuola, e il personale dell’Asia a togliere rapidamente le terribili macchie di sangue. Ma alcuni bambini quella scena l’hanno già vista e tanti altri la vedranno nei prossimi giorni, settimane e mesi. Fuori della scuola, sotto casa, davanti alla parrocchia, per strada. Così come vedono chi si prepara agli agguati, chi minaccia, estorce, spaccia la droga. Li vedono anche i bambini che vivono chiusi nei parchi, quelli che appartengono a famiglie impegnate nel sociale. Ancora di più li vedono gli alunni che abitano nelle Vele, nei lotti; quelli che appartengono alle vittime dei camorristi, costrette ad aiutarli o a non vedere, e quelli che fanno parte di famiglie camorriste. Diversi di loro saranno tra non molto reclutati dalla camorra. Lì svolgeranno tutta la loro carriera: da vedette a pusher, al gruppo di fuoco; da gregari a capi, c’è chi precocemente prenderà il posto del padre.
Le mamme dei bambini vanno a chiedere protezione alla polizia, altre vanno dai boss a chiedere una punizione esemplare per quelli che hanno sconfinato nella scuola. Non sono sacre le scuole, sono sacri i bambini: e questa sacralità viene sistematicamente violata, fuori della scuola spesso, qualche volta anche dentro: violenze su alunni, insegnanti picchiati, ragazzi sottratti alla scuola. Giovanni ucciso davanti al supermercato sulla residenziale, Cesare camuffato da adulto ucciso con una revolverata, Davide che sfida con lo sguardo i rapinatori, suoi coetanei, che l’ammazzano.
Circa quindici anni fa, una fredda mattina di febbraio alcuni di noi, davanti a un motorino, un cappellino e un mucchio di segatura sparsa sul sangue di Giovanni, che a quell’ora doveva stare a scuola, ci incolpavamo di non averlo saputo trattenere nell’aula, ci rammaricavamo di essere arrivati in ritardo al supermercato, teatro dell’esecuzione. Poi avemmo una folgorazione: eravamo nel quartiere testimoni oculari di quel delitto, del precedente e del successivo. In realtà conoscevamo non solo le vittime, ma i sicari, i mandanti, il movente.
Le periferie di Napoli, che vanno oltre Napoli e riguardano vaste aree di comuni limitrofi, hanno i problemi di tutte le periferie ed altri ancora, come gli spostamenti, vere e proprie deportazioni, di migliaia e migliaia di persone, accentuati dal terremoto dell’Ottanta, che hanno stravolto le caratteristiche della popolazione residente. La costruzione di veri e propri “reclusori” accanto ad agglomerati normali ed anche a parchi dignitosi, e sistemi viari spropositati, cavalcavia inutili, che rubano spazio alla campagna. Tutto di pessima qualità, come la vita degli abitanti, nuovi o vecchi che siano. Servizi, per usare un eufemismo, carenti: scuola, sanità, trasporti; disoccupazione e precarietà alle stelle; primi tra i primi in tutte le classifiche negative che vedono maglia nera Napoli e la Campania. Una fetta di popolazione resistente, società civile militante e non da salotto, contrapposta a un vero esercito di malavitosi, organizzato e florido.
Le periferie di Napoli non sono solo il frutto dei fenomeni che hanno riguardato tutte le grandi città, sono state create, volute come sono, e mantenute in tale situazione. Chi, sicuramente in buona fede, pensa di affrontare l’emergenza e la straordinarietà della situazione con interventi straordinari, le condanna definitivamente. La polizia e l’esercito a Scampia cosa normalizza se non le contraddizioni e la miseria. La miriade di progetti a Scampia, molti con i soldi dei fondi europei, oltre a piccoli vantaggi per i partecipanti, quali cambiamenti determinano nel territorio. Le periferie richiedono interventi ordinari, efficienti e tempestivi. Richiedono, soprattutto nei governanti, un cambiamento culturale, come si dice con un’espressione abusata, e cioè ci si deve liberare da un pregiudizio “razzista” secondo il quale le periferie non sono semplicemente un luogo geografico diverso dal centro, ma un concentrato di negatività, con una responsabilità non secondaria dei residenti. Se lo capissero, gli esponenti delle istituzioni non sceglierebbero Scampia per le loro passerelle.
La situazione delle scuole è emblematica, a Scampia come in tutte le periferie napoletane, colpite dalla dispersione scolastica. Sono tagliati posti di insegnanti, si applicano le ultime riforme con i tempi scuola abbreviati, gli edifici non sono a norma e spesso cadono a pezzi, la mensa, se parte, parte in ritardo. E i governanti, responsabili di tale scempio o comunque senza alcuna volontà di cambiare, presentano proprio a Scampia improbabili progetti di lotta alla dispersione scolastica, che proprio loro contribuiscono ad alimentare. E il massimo che si riesce a pensare per i bambini di Scampia, è di non farli assistere, almeno a scuola, a tristi spettacoli di morti ammazzati. Tutto il resto, fuori, possono continuare a vederlo.