Programma per infanzia e anziani

(da repubblica ed. Napoli del 21 luglio 2013)

Franco Buccino

 

Nei giorni scorsi è stato presentato il Programma “Servizi di cura all’infanzia e agli anziani non autosufficienti”, che rientra nel Piano d’azione Coesione. Dotato di 730 milioni in tre anni per le quattro regioni dell’Obiettivo convergenza, 250 milioni il primo anno, di cui circa 65 per la nostra regione. Repubblica ne ha parlato con un’intervista al prefetto Silvana Riccio, l’Autorità di Gestione del Programma.

Ci sono novità importanti introdotte nel Programma, che vanno sottolineate e che rappresentano oggettivamente un’inversione di tendenza rispetto a prima. Innanzitutto, la non competitività: non ci saranno graduatorie tra i progetti dei destinatari, che sono tutti ammessi al finanziamento. Devono solo seguire le indicazioni e elaborare un piano dettagliato di attività. I fondi strutturali europei, uno strumento fondamentale per tentare un riequilibrio tra le diverse aree geografiche del paese e dell’Europa, non sempre favoriscono la coesione, anzi. Spesso si elaborano progetti solo per rispondere ai bandi, si cerca di essere così come ci vogliono i bandi, e ci si dimentica della realtà. Il progetto diventa un copione: dalla progettazione alla rendicontazione. Con uno scarto forte fra il racconto che si fa nei report e l’esperienza vissuta. Alla fine, conta solo piazzarsi bene in graduatoria e accedere al finanziamento. Ora, con le nuove modalità di esecuzione di questo Programma, cambia la musica! Essendo il progetto finanziato in partenza, l’attenzione si sposta su contenuti, obiettivi, strumenti e costi effettivi. Come dovrebbe di norma avvenire.

Secondo. I beneficiari naturali del Programma sono i Comuni, esclusivamente in forma associata, perché soggetti responsabili dell’erogazione dei servizi di cura sul territorio, attraverso l’articolazione negli ambiti territoriali. Diventa così possibile una lettura più attenta dei bisogni e soprattutto è possibile una risposta più mirata e “personalizzata”, per dir così, a seconda del territorio. Anche la concertazione, prevista esplicitamente dalle linee guida, fatta in loco tra soggetti presenti quotidianamente su quel territorio, a cominciare dai sindacati di zona e dalle leghe dei pensionati, diventa uno strumento più efficace del solito. Insomma, l’elaborazione del progetto può divenire un bell’esercizio di democrazia e di cittadinanza. Perfino per i cosiddetti “utenti” o destinatari dei servizi.  

Terzo. Alcune istituzioni potranno dedicarsi meglio alla loro funzione naturale di coordinamento anziché alla gestione ed erogazione di fondi. Mi riferisco alla Regione rispetto agli ambiti territoriali, e allo stesso Comune di Napoli nei confronti delle dieci Municipalità. Coordinamento e supporto agli ambiti con spirito di servizio: ecco il loro compito. Magari prendendo esempio dal Ministero dell’Interno che si è trovata inopinatamente addosso la responsabilità di autorità di gestione del Programma.

Essendo la prima esperienza, è normale che ci siano delle difficoltà: ambiti territoriali ricostituiti proprio in questi giorni, mancanza in alcune zone di esperienze e competenze necessarie, abuso di rappresentanza da parte di alcune realtà associative locali, qualche resistenza da parte di Regione e Comune di Napoli a cedere una parte del loro tradizionale potere. L’importante è non mettersi a guardare dal di fuori e non sottolineare tutte le difficoltà di chi magari arranca in questo momento, ma che deve poter esercitare, in una logica di democrazia partecipata, la titolarità dei servizi ai cittadini.

Infine, lo stesso Forum del Terzo Settore, che rappresenta il mondo della cooperazione, promozione sociale e volontariato, e gli altri organismi di rappresentanza potranno sostenere e supportare le loro associazioni, presenti nei vari territori e che potranno dare contributi di qualità alla concertazione.

Infatti. Il Piano azione Coesione vuole recuperare ritardi e soldi non spesi dei fondi europei, individuando delle priorità. In tal senso il Programma sceglie strategicamente infanzia e anziani non autosufficienti, prefigurando un futuro sviluppo equo e sostenibile, che miri al benessere non solo economico della popolazione. Certo, le azioni assegnate al primo anno del Programma, più asili nido e più anziani non autosufficienti assistiti a domicilio, in tempo di crisi e di emergenze, sembrano mirare a obiettivi solo quantitativi. Sta ai cittadini autonomamente organizzati nel Terzo Settore e ai rappresentanti delle istituzioni locali più sensibili inserire in tali azioni elementi per migliorare la qualità della vita, dei singoli e delle comunità. Per l’infanzia più asili nido insieme a contenuti e percorsi educativi, a screening e prevenzione per diagnosi precoci che salvino, quando si è in tempo, tante persone da tristi destini. Per gli anziani interventi qualificati, a casa loro, di educazione permanente; programmi per migliorare lo stile di vita per i non autosufficienti; anche per loro esercizi di cittadinanza attiva. Perché è nelle comunità locali e nei singoli territori che tutti i principi di civiltà, anche i più alti, trovano applicazione pratica e concreta.

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