Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli, 5 settembre 2017)
Nelle divagazioni estive la scuola occupa un posto di rilievo. È il caso di dire che quando manca l’insegnante, i ragazzi o meglio genitori e familiari ne approfittano. Per parlare in libertà di tutto. Dal ruolo educativo e formativo della scuola all’orientamento, alla valutazione degli insegnanti, proprio quelli di figli e nipoti. È normale e anche utile, così come che ne parlino intellettuali e opinionisti. Ma che a divagare si metta il Ministro dell’Istruzione, questo è troppo. Lo sta facendo sistematicamente dall’inizio dell’estate, come se fosse un cittadino e non un componente del Governo, dell’esecutivo, che è chiamato a mettere in atto le leggi e a governare, il sistema scuola nel nostro caso. Forse ignora che quello che dice si può ritorcere contro di lei. O meglio, pensa di risolvere i problemi con messaggi, interviste, annunci. Così fanno i Ministri dell’ultima generazione, grandi esperti di comunicazione, appunto, e spesso poco esperti nelle materie del dicastero affidato.
La Ministra ha spaziato nelle sue esternazioni dagli stipendi dei docenti all’equiparazione dei presidi agli altri dirigenti pubblici, dall’Erasmus anche per gli studenti delle superiori al piano per l’educazione alla sostenibilità, dalle vaccinazioni al bullismo, dalla necessità di stanare chi non sa insegnare (si accomodino altrove) alla riduzione delle supplenze lunghe, dal liceo breve all’obbligo a diciott’anni. È così via. In particolare gli ultimi due argomenti hanno suscitato interesse tra i media e l’opinione pubblica. Forse perché sono temi, per così dire, più ideologici.
Il Ministro ha firmato un decreto che propone una sperimentazione di un corso di studi quadriennale a partire da una prima classe in cento scuole superiori. In realtà è una sperimentazione già in atto, che passa da sessanta a cento scuole; continua a proporre un modello che racchiude in quattro anni tutte le ore, le materie e i programmi che si svolgono nei cinque anni. Poi qualcuno avrà avvisato il Ministro che il problema è il riordino dei cicli. E non solo per portare a diciott’anni il diploma. Un tema, quello dei cicli d’istruzione, sul quale, per esempio, il suo predecessore Luigi Berlinguer s’impegnò a fondo e si giocò il posto per le resistenze della categoria. Ha un’idea su come riordinarli la Ministra Fedeli o ha fiducia in una sperimentazione per niente significativa, come già dicono un po’ tutti.
E poi l’obbligo scolastico a diciott’anni. Il Ministro sembra intendere, nelle sue dichiarazioni, quello formativo che già c’è, ingenerando dubbi e incertezze. Quell’obbligo che parla di istruzione e formazione professionale e guarda fisso al mondo produttivo. Obbligo scolastico significa titolarità della scuola. Questo è il grande passo avanti che il nostro Paese dovrebbe fare, un salto culturale prima ancora che scelta di investire ingenti risorse che pure sono fondamentali. Per offrire a tutti il percorso che la Costituzione garantisce, senza esclusioni, apparenti scorciatoie, e alibi a nessuno. Tra l’altro quest’obbligo giustifica e in qualche modo impone il diploma a diciott’anni.
Forse farebbe meglio, il Ministro, a fermarsi ai temi e agli argomenti sui quali l’attuale governo si può misurare. Per fortuna l’estate sta finendo e tra qualche settimana riprende la scuola con gli alunni in carne e ossa, non quella parlata e immaginata.