LE GIUSTE PROTESTE DEGLI STUDENTI CONTRO L’ALTERNANZA SCUOLA LAVORO (ovvero l’alternanza di due fantasmi che non s’incontrano mai)

Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli 14 ottobre 2017 pag. XII)
Gli studenti protestano contro la Buona Scuola, di cui si ritengono vittime e cavie. Come, per esempio nell’alternanza scuola lavoro. Non gli si può certo dar loro torto. Anno per anno cambiano disposizioni relative a materie, esami, prove Invalsi, requisiti di ammissione all’università. Non cambiano, purtroppo, i caroselli degli insegnanti all’inizio dell’anno, nonostante le massicce immissioni in ruolo e gli impegni del Ministro. Non cambiano i luoghi e le modalità di apprendimento: scuole poco sicure, laboratori inesistenti e palestre spesso fatiscenti. E poi neppure stando a scuola nascono in loro prospettive per il futuro. I sogni delle ragazze e dei ragazzi s’infrangono ogni giorno contro il muro della realtà: senza lavoro, nuovi poveri, costretti a vivere in città in cui la qualità della vita è sempre più al di sotto del livello minimo.
L’alternanza scuola lavoro è, nelle parole della ministra Fedeli, una significativa innovazione didattica della buona scuola. Nella protesta degli studenti, invece, è spesso uno strumento offerto a datori di lavoro che o li sfruttano senza farsi scrupoli o li caricano, nella migliore delle ipotesi, di compiti e mansioni che niente hanno a che fare con il loro percorso scolastico. La verità è che, non incontrandosi mai, scuola e lavoro non sanno come alternarsi. Nella cultura comune sono alternativi, o l’una o l’altro. Fino al punto che alla scuola manca una cultura del lavoro e la disdegna, e il mondo del lavoro pensa alla scuola e all’attività formativa, eccetto la stretta formazione professionale, come una perdita di tempo e di danaro.
E così la scuola, con l’inconscia volontà di tener lontano il lavoro, rinuncia e mette da parte materie e attività, lasciando dei veri e propri vuoti nella formazione degli alunni: dalla manualità all’operatività, dalla pratica alle applicazioni di concetti e teorie, dall’organizzazione alla soluzione dei compiti. Dalla scuola dell’infanzia ai licei, e non cambia di molto negli indirizzi tecnici e neppure in quelli professionali. Il mondo del lavoro, da parte sua, ha un profondo pregiudizio e disagio nei confronti della scuola e dell’istruzione. Anche se studi d’ogni tipo hanno mostrato com’è importante che il lavoratore abbia un discreto bagaglio culturale, una buona cultura generale. E non ha tempo e spazio per accogliere soggetti in formazione. Poi da noi, si sa, non c’è spazio neppure per gli apprendisti, figuriamoci per gli studenti.
In tale contesto l’obbligo, per legge, dell’alternanza per un numero consistente di ore fa sì che le imprese, pur di non perdere i benefici, fanno fare ai ragazzi qualunque tipo di attività, spesso al di fuori di ogni logica e di ogni norma. Le scuole difficilmente controllano e intervengono sulle attività lavorative dei propri studenti. E sembra una fortuna, proprio a Napoli, fare in alternativa al lavoro attività di volontariato in associazioni di Terzo Settore. Tanto i nostri studenti il lavoro neppure in seguito l’incontreranno, verrebbe da dire con una facile battuta. Non la pensano così le ragazze e i ragazzi che protestano ora sull’alternanza scuola lavoro, domani sulle altre “innovazioni didattiche”, e poi sul triste futuro che li attende. La loro protesta e la loro denuncia impone a noi tutti di essere pronti a pretendere cambiamenti e a impegnarci perché essi si concretizzino.

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