Nelle scuole sono terminate le lezioni

Franco Buccino

Nelle scuole sono terminate le lezioni. Per i ragazzi non impegnati in esami, che sono la stragrande maggioranza, l’appuntamento per la ripresa è fra tre mesi e mezzo circa. Sembra ogni volta incredibile questa lunghissima pausa, e non convincono le spiegazioni: il caldo, le vacanze, le ferie, gli esami, gli adempimenti burocratici, la valutazione, la programmazione. Non convincono neppure i tentativi di rimediare a tale problema, affidati alle scuole stesse; forse, più semplicemente, le scuole dovrebbero non chiudere, rimanere aperte, promuovere attività adeguate con le dovute flessibilità. Sarebbe una fortuna per tutti, soprattutto per gli alunni più fragili, più difficili, per quelli che potrebbero recuperare competenze e conoscenze con attività alternative, per tanti alunni con disabilità che trovano nella frequenza scolastica l’unica esperienza concreta di integrazione.

Oltre che su tale annoso problema, il dibattito, al termine delle lezioni, si concentra sull’anno scolastico che si conclude, tentandone un bilancio. Questo è l’anno del bullismo: vittime sono ragazzi e professori, per le strade, nei cortili delle scuole, nelle aule. Colpiscono di più gli episodi accaduti nelle aule, filmati e messi in rete dai ragazzi. Più delle immagini delle telecamere della polizia di stato, che riprendono maestre “esaurite” nell’atto di strattonare e picchiare bambini delle materne, colpiscono i filmati degli studenti, anche perché sono parte integrante del reato. Studenti che aggrediscono, feriscono, dileggiano insegnanti: la reazione è unanime. Sarà la sacralità violata della scuola, la cattedra assaltata, l’intelligenza e la cultura sopraffatte da irrazionalità e violenza, a colpire e a urtare, come si dice, la sensibilità delle persone. Forse è il disagio di non poter affidare, o meglio scaricare sulla scuola una serie di compiti, come già è successo in passato per la famiglia. E non si coglie il filo che lega le violenze sulle donne, le violenze all’interno delle famiglie, dei quartieri, dei fine settimana, alla violenza nelle scuole.

Molto meno tocca, il dibattito, alcuni compiti specifici della scuola: la preparazione culturale, la formazione dei nostri ragazzi. Come se fossero marginali. Un certo interesse c’è, in genere, per le prove Invalsi, o meglio per le relative polemiche. Che comunque hanno il merito di mettere a nudo due questioni fondamentali: la valutazione e la didattica. C’è una cultura della valutazione ancora imperante nel nostro paese, che si è sviluppata intorno ai concetti di merito e selezione, promozione e bocciatura, procedure formali e rilievi oggettivi, che spesso prevaricano su aspetti sostanziali e storie individuali. Il Ministero ha orientato di fatto le scuole a considerare la valutazione delle prove Invalsi alla stregua di classificazioni e giudizi che discendono da interrogazioni e compiti in classe. “Una vera e propria ossessione quantitativa e classificatoria” l’ha definita qualcuno.

Oltre il modo d’intendere la valutazione, entra in gioco prepotentemente anche una questione didattica di fondo relativa all’apprendimento. Cosa bisogna privilegiare: nozioni e conoscenze, o abilità e competenze? La valutazione si adegua alla scelta didattica, ne è parte integrante. Molti ragazzi abituati ad essere interrogati, sollecitati, valutati sulle conoscenze acquisite, come avviene per interrogazioni, compiti ed esami, si ritrovano all’improvviso nelle prove Invalsi a vedersi somministrare test, per risolvere i quali valgono, oltre e più delle conoscenze, le capacità logiche. Ad esse, in genere, si dedica troppo poco spazio nell’attività didattica, a tutto vantaggio delle conoscenze, delle “materie”, delle “discipline”, delle “nozioni”. E così alla fine possiamo trovarci con due valutazioni diverse, il che disorienta tutti: insegnanti, genitori, e soprattutto gli alunni.

Ma non c’è tempo né spazio per approfondire tali problematiche: sono alle porte gli esami e i loro stanchi riti. Poi verrà la lunga estate dei docenti: trasferimenti e assegnazioni provvisorie, precari da stabilizzare, nomine dei supplenti annuali. L’avvio faticoso del nuovo anno con i tradizionali caroselli degli insegnanti. E poi i nuovi episodi di violenza e bullismo nelle scuole.

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