Un mio articolo su Repubblica di oggi
Franco Buccino
REPUBBLiCA ed.Napoli 10 maggio 2021
Le scuole aperte d’estate è un’idea che ci affascina da sempre. Figuriamoci dopo un anno scolastico maledetto che ancora vede, soprattutto nella nostra regione, migliaia di studenti fuori dalle aule.
Ci affascina perché tanti ragazzi, soprattutto quelli più fragili, non possono stare tre mesi e più senza scuola.
E anche perché non ha senso affidare tanti altri ragazzi ad “agenzie esterne” che organizzano dai campi estivi alle vacanze studio all’estero, alle ripetizioni private, esautorando le scuole, togliendo loro la “titolarità” e comunque non coinvolgendole nella definizione e valutazione di attività che sono di formazione e di educazione.
È una buona notizia, o meglio un segnale di attenzione, dopo lunghi mesi di enormi ambiguità. Ci fa per un po’ mettere da parte grandi riserve e dubbi che ci vengono spontanei. 520 milioni di dotazione sono molto pochi rispetto agli ambiziosi obiettivi che si pone il piano, addirittura di una scuola nuova. Sono soldi già “non spesi”, parte di fondi europei, di complicata gestione e rendicontazione. La circolare è arrivata da una settimana e tra altre due e mezzo le scuole devono aver già preso contatto con altri partner, aver trovato il personale disponibile e aver deliberato le attività.
L’iniziativa piomba sulle solite due Italie: una abituata alle attività estive per i propri studenti, con enti locali sensibili e risorse adeguate; l’altra con i ragazzi per strada o davanti a televisione e telefonino, al massimo qualcuno in colonia, gestita da qualche prete dinamico e coraggioso.
L’ottimo ministro Bianchi ha messo 520 milioni a disposizione per il piano scuola estate 2021, ma ha qualche difficoltà in più ad offrire più tempo scuola, laboratori, aule e palestre alle istituzioni scolastiche del Sud.
E noi siamo costretti a subire, in incontri nazionali, il disappunto di regioni del centro nord per la maggior quota di risorse al Sud, secondo la logica dei fondi europei. E il sorrisino nei nostri confronti, che al solito neanche riusciremo a spenderli, quei soldi.
È venuto il momento di cominciare ad accettare le sfide. Anche se dovessimo rimanere sul campo: poche scuole, qualche Centro per l’istruzione degli adulti, alcune associazioni e un paio di enti locali ”illuminati”.
Noi abbiamo un obiettivo prioritario. Che viene prima di rinforzi disciplinari e delle attività del c.a.m.p.u.s. Si tratta del riavvicinamento tra scuola e studenti, della riappropriazione da parte dei ragazzi dello spazio scuola.
E non mi stancherò mai di ripetere dell’esperienza fatta un po’ di anni fa con “Vivi la scuola!”, un breve periodo di vita scolastica in cui i ragazzi facevano esclusivamente le cose che piacevano loro. Recite, canzoni, attività sportive, visione di film, esperimenti di laboratorio. Individuammo e perseguimmo più obiettivi disciplinari, specifici e generali, in quelle attività, che non nel resto delle lezioni dell’intero anno.
E ci capitò di ritrovare le più profonde motivazioni della nostra professione nel condividere e toccare con mano le emozioni di qualche centinaio tra preadolescenti e adolescenti che assistevano alle vicende dei protagonisti di “Stand by me”.