LA CARICA DEI GIOVANI INVALIDI NELLE SCUOLE

FRANCO BUCCINO

Repubblica ed. Napoli, 13 agosto 2005

Potremmo raccogliere in un libro quello che accade a luglio e agosto nel mondo della scuola durante le nomine in ruolo o l’assegnazione degli incarichi annuali. Raccoglierlo insieme, noi e due generazioni di cronisti, stabili o stagionali, che provano ogni calda estate a scrivere di graduatorie mai definitive, di convocazioni sotto il solleone sbagliate e ripetute, di sedi inesistenti e pur contese, di aspiranti con mamme che si sentono male, dell’immancabile arrivo della polizia quando non resta più niente. Che provano a scrivere di scorciatoie per arrivare al traguardo della nomina: servizi in scuole private compiacenti; perfezionamenti, master, titoli di sostegno che le nostre università sfornano con allegria e a getto continuo; il mondo ambiguo e inesplorato delle riserve.
La “riserva” rappresenta da diversi anni la carta vincente sia per le nomine in ruolo sia per le supplenze. La legge che impone nei concorsi pubblici di riservare una quota di posti a particolari categorie è certo una legge di civiltà: si parla di vedove e orfani di caduti per servizio, caduti sul lavoro, si parla di invalidi civili. È l’applicazione di questa legge al personale della scuola che è sotto accusa. L’amministrazione scolastica non è in grado di dire quante persone ha reclutato nel corso degli anni dalle categorie protette: non lo sa o non lo vuole sapere. Per questa sua mancanza, in applicazione di un’apposita norma, in ogni tornata di nomine destina a invalidi civili e assimilati fino al 50 per cento dei posti.
Avete capito bene, da circa dieci anni a questa parte, di ogni cento posti assegnati, circa cinquanta sono destinati a chi usufruisce di riserva.
Come se non bastasse, la nostra amministrazione, se deve assegnare cento posti, di cui trenta a invalidi, nomina i primi settanta per merito, e i trenta riservisti li cerca scorrendo la graduatoria dal posto 71 in poi, senza considerare quanti di essi già si trovavano nei primi settanta posti.
Queste due scelte combinate, così noiose e complicate da raccontare, hanno determinato, per esempio, che nell’attuale tornata di assunzioni in ruolo, dalla graduatoria dell’ultimo concorso della scuola dell’infanzia siano stati chiamati gli aspiranti dal posto 442 al posto 722 per merito e dal posto 17428 al posto 24615 bis per riserva. Dalla stessa graduatoria.
E così, ogni estate, un esercito di giovani invalidi si prepara a entrare nella scuola. Della loro invalidità il più delle volte ci accorgiamo solo dalla lettera N che accompagna il loro nome nell’elenco, non certo dall’aspetto; di essa di sicuro non si accorgeranno i loro alunni.
E se già nei concorsi l’ultimo è di cinque anni fa gli invalidi sono in numero considerevole, nelle graduatorie permanenti che si aggiornano con più regolarità, diventano molti di più.
Ormai, per la maggioranza degli aspiranti solo una riserva può far sperare in un incarico.
Quando chi è chiamato a vigilare si sveglierà e interverrà, sarà troppo tardi e inutile, perché le aliquote di posti destinate ai riservisti saranno già state tutte assegnate e perché la maggioranza degli aspiranti avranno una riserva, anche se non serve più a niente.
Bisognerà allora studiare un’altra scorciatoia

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