GUARDIAMO NEGLI OCCHI I MALATI DI ALZHEIMER

Franco Buccino

Una piccola notizia di buon augurio per l’ anno che comincia. In un distretto del Sannio, a breve, partirà un’ iniziativa per persone malate di Alzheimer. Il progetto, ben articolato, prevede per questi malati la convenienza di avere badanti anche per brevi periodi, la possibilità di ricoveri temporanei in una struttura attrezzata, la frequenza di un centro diurno di accoglienza con una serie di attività programmate, opportunità di formazione e di socializzazione per i loro familiari. I malati di Alzheimer, tutti o quasi anziani, in Campania sono diverse decine di migliaia. E altre decine di migliaia di persone li assistono, prigioniere della malattia come i loro assistiti. Per una malattia che nasce e si evolve tutta all’ interno delle mura domestiche, che porta a stanchezze, sofferenze, esasperazioni, tutte pudicamente coperte nella famiglia, un progetto del genere è lodevolmente coraggioso, risponde a esigenze non dette di mogli, mariti, figli, nipoti, e a un problema di grosso impatto sociale. Alla realizzazione del progetto sono impegnate cooperative sociali di personale specializzato e motivato, associazioni di volontari impegnati nel trasporto e nell’ assistenza. Con loro un’ associazione di anziani, sostenitori dell’ invecchiamento attivo, che si ritagliano piccoli spazi nei contatti telefonici, nel rapporto con le famiglie, nella collaborazione col personale specializzato ed esperto ad assistere gli ammalati. Hanno la presunzione di rappresentare la novità in queste iniziative, la novità di anziani che parlano ad anziani, capendo e facendosi capire meglio, la novità di anziani a fianco di anziani che mostrano agli altri quanti siano labili e discutibili i confini tra i sani e i malati, perché tutti fondamentalmente esseri umani, persone. La novità di persone a fianco di persone, che mostrano le diverse normalità. Che fanno capire anche a noi come si possano abbandonare ricordi vicini e selezionarne alcuni lontani, e come ci si può orientare anche fuori degli schemi convenzionali. Quando da ragazzo studiavo filosofia, mi indignava la superficialità con cui da molti veniva giudicata l’ ultima fase di tanti pensatori, quella metafisica, e il compatimento di cui erano oggetto. Come se il percorso speculativo seguisse l’ invecchiamento del fisico. Quale punto di deterioramento di nervi e neuroni segna il passaggio dall’ uomo che pensa al vegetale? E non si era certo inaridita la sensibilità poetica del Tasso, quando si ritirò tra i divoti frati di Sant’ Onofrio per cominciare quel dialogo che avrebbe, come sperava, continuato in Cielo. Gli anziani sono i vecchi saggi a servizio dei giovani e delle comunità. Nelle civiltà e nelle culture di tutto il mondo. Un ruolo che gli deriva dall’ esperienza maturata, certo, ma soprattutto dal distacco con cui guardano le situazioni e i contesti. Un distacco che, in alcuni casi, si accentua fino a non riconoscere più neppure i figli, a coltivare una memoria tutta interna, a separarsi perfino dal proprio corpo e dalla sua fisiologia. Rivedo la barba incolta e i capelli stranamente arruffati, ma gli occhi fragili, dolci e umanissimi del mio papà degli ultimi mesi. Proviamo a guardare negli occhi le persone malate di Alzheimer. È quello che il progetto ci vuole aiutare a fare.

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