Una campagna contro il gioco d’azzardo

Franco Buccino

(fino a * Repubblica ed. Napoli del 30 giugno 2012)

Nei giorni scorsi è stata lanciata una campagna nazionale sui rischi del gioco d’azzardo. Negli stessi giorni in cui si è sottolineato il calo perfino dei consumi alimentari come effetto della crisi che stiamo vivendo. Qualcuno può pensare che se ci priviamo del necessario, figuriamoci del superfluo. E invece non è così, anzi più la crisi economica è grave, e più si diffonde il gioco d’azzardo, più persone coinvolge, soprattutto quelle con limitate disponibilità finanziarie se non povere. La spiegazione è abbastanza ovvia: si pensa di risolvere in modo rapido, attraverso una giocata, tutti i propri problemi; poi, come si sa, ci si accanisce, e infine si può diventare dipendenti. Esiste una specifica patologia, che si chiama ludopatia, e che come tutte le altre dipendenze richiederebbe cure e accesso gratuito a specifici servizi. Di questi aspetti sociosanitari del fenomeno dovrebbe interessarsi, fatto paradossale, il ministero del tesoro: lo stesso che ricava notevoli entrate dal mercato del gioco d’azzardo.
A Napoli e in Campania, come nel resto del paese, insieme alla miseria e alla disoccupazione, alberga da sempre anche il gioco d’azzardo. Vedi dipinti e cronache dei tempi antichi, i trattati di fine Settecento; nel secolo scorso bancolotto, cabala, smorfia, giocate clandestine; ai tempi nostri in agenzie e sale scommesse, tabaccherie, autogrill e posteshop, giochi, scommesse e grattaevinci, rigorosamente controllati, autorizzati e legalizzati dallo Stato. Il primato, da maglia nera, di Napoli in questo settore è messo oggi seriamente in discussione. Proliferano le sale giochi nella costiera sorrentina, come si evince da una recente interrogazione parlamentare, senza che i comuni e quindi le comunità locali possano dire la loro; Salerno, tradizionale e improbabile concorrente del capoluogo partenopeo, risulta capitale del gioco d’azzardo in una inchiesta giornalistica. Ma poi si scopre che le capitali spuntano come funghi; l’ultima è Pavia. Sempre con numeri e cifre importanti.
Si stima che nel 2011 gli italiani abbiano speso oltre 80 miliardi per il gioco d’azzardo legale, e almeno 10 miliardi per quello clandestino. Solo a Napoli e in Campania almeno il 20 per cento della spesa per il gioco legale, e non meno del 30 per cento della cifra spesa per il gioco d’azzardo clandestino. Le giocate clandestine non sono calate con la crescente legalizzazione del gioco d’azzardo, anzi sono aumentate, come del resto in tutta Italia. Evidentemente si sente meno la necessità di reprimere tale reato, essendo così labile il confine tra legale e illegale. E così in città risultano meno visibili e spavaldi i ragazzi che come prima consegnano i biglietti e raccolgono le giocate, sfrecciando a bordo dei loro scooter. A Napoli poi, capitale indiscussa dell’esagerazione, anche il gioco d’azzardo legale ha le sue peculiarità e originalità. Prima ancora che si istituissero le ztl, diverse agenzie di scommesse avevano già attivato dei servizi navetta, per lo spostamento dei clienti, verso la stazione e altri punti strategici della città; a fianco di queste agenzie si trovano spesso bugigattoli con la fatidica scritta “Compro oro”; emissari delle finanziarie, che fanno prestiti su misura, stanno direttamente all’interno dei locali dove si gioca e si scommette.
Il modello di liberalizzazione controllata del gioco d’azzardo, da lungo tempo, è divenuto una vera e propria deregulation. Con grande responsabilità dello Stato e delle varie authority, che permettono una scandalosa pubblicità, la quale, accostando il gioco d’azzardo allo sport, impazza sui mass media a tutte le ore, pur essendo costretta a chiarire che il gioco è vietato ai minori di diciotto anni. I giovani sono le principali vittime di questo proliferare di proposte. E insieme con loro gli anziani. Ricordo le urla che ho sentito, da ragazzo, provenienti dalla casa a fianco alla mia, perché la vecchia nonna si era giocati al bancolotto i soldi che dovevano servire per il suo funerale. Era un fatto non comune e un po’ folkloristico. Oggi, nei giorni in cui le poste pagano le pensioni, c’è una impennata impressionante della vendita di grattaevinci e di file rallentate nei posti dove si gioca al lotto nelle sue varie versioni.
Ben venga una campagna che denuncia eccessi, ambiguità, connivenze, una campagna che propone di porre un freno all’espansione dei giochi d’azzardo, di coinvolgere gli enti locali nel governo del fenomenno e nella concessione delle licenze, di vietare e limitare le pubblicità come avviene per i tabacchi, di inserire il gioco d’azzardo patologico nei LEA, i livelli essenziali di assistenza, reperendo le risorse necessarie dalla riduzione delle vincite, dagli introiti dello stato, dagli utili dei concessionari. Una campagna che deve raggiungere tutti, soprattutto categorie e territori più colpiti. Una campagna di cui ad oggi a Napoli e in Campania ancora non c’è traccia.

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