L’ETERNO CANTIERE DELLA CITTA’ CHE COSTRUISCE E DEMOLISCE

(Repubblica ed. Napoli 22 giugno 2014 pag. X)

Franco Buccino

La mattina presto corro dall’incrocio di via Toledo con Spaccanapoli fino al largo Sermoneta, dove comincia la salita di via Posillipo. Via Toledo con i palazzi belli e austeri la ripuliscono in quelle ore. Poi piazza Trieste e Trento, o San Ferdinando, come dicono ancora in tanti. (Mentre ancora campeggiava la R di Repubblica ho colto a volo questo dialogo tra due “runnisti”: “Repubblica delle idee, hai qualche idea sulla città?” “Sì, cambiare città”). Piazza Plebiscito, libera, al momento, di grandi eventi, relative polemiche, e rifiuti. Poi di corsa fino al mare. Nazario Sauro (“Chi era costui?” direbbe qualcuno). E poi via Partenope, Castel dell’Ovo, il lungomare Caracciolo e Mergellina. Di fronte il Vesuvio con la sua “spalla”, il monte Somma, la costiera fino a Punta Campanella, Capri accesa dal sole (Non vi sembra un coccodrillo, con il dorso, il capo e il lungo muso, un po’ immersi e un po’ fuori dell’acqua, di guardia a tutto il golfo?), e poi Posillipo. Il mese scorso a Rimini per il congresso del mio sindacato, correvo la mattina dalla darsena al lido 100 e passa, tutti uguali, e mi veniva il magone. Abbiamo lo spettacolo più bello e affascinante del mondo.

Quante cartoline, immagini di Napoli! Qual è la più bella? All’altezza della rotonda Diaz stanno incominciando a montare stand, gazebi, pedane, strutture per un prossimo evento. A pensarci bene, è proprio la rotonda Diaz a dare l’immagine più vera di Napoli. E non solo per i baffi della scogliera, che, mentre stanno a decidere e discutere se toglierli o meno, diventano sempre meno posticci e più naturali, e integrati nell’ambiente. Ma perché per l’intera settimana, fino al venerdì,  è un cantiere in cui si costruisce; il sabato e la domenica si svolge l’evento; la settimana successiva è un cantiere in cui si demolisce. (Come Penelope che di giorno tesseva la tela, la sera la faceva vedere ai Proci, e la notte la disfaceva). Sempre nel caos, prima, durante e dopo. Certo, regate, partite di tennis, pallavolo, calcetto, festival della pizza, del gelato, in una cornice suggestiva e affascinante. Una mattina ho sentito un atleta di skateboard che si lamentava perché la struttura in cui esibirsi era bella e posta in un luogo incantevole, ma mancava in città un posto in cui potersi allenare. Quotidianamente, diceva lui! Capite?

La rotonda la chiudono a volte perfino ai corridori e marciatori. Siamo costretti a deviare per l’interno. Rivedo a Riviera di Chiaia il palazzo con il crollo: hanno così ben tagliata e squadrata la parte crollata, che da lontano si mimetizza alla perfezione nel contesto; ci devi arrivare vicino per vedere lo scempio. Anche questo palazzo rappresenta bene Napoli, oltre il pittoresco e i luoghi comuni: con la differenza di percezione che c’è tra il turista, l’autore di inchieste, il napoletano d’elezione, e chi in questa città ci vive, tutti i giorni. Sto esagerando con le riflessioni, mi dico mentre passo davanti al consolato americano, di fronte a padre Pio sugli scogli, l’attracco abusivo come ogni estate, gli aliscafi, i venditori di pesce. Fin davanti a Sebeto che mi osserva sornione dall’alto della fontana e della sua plurimillenaria esperienza di conoscitore di cose napoletane, a largo Sermoneta. Me ne torno, sempre di corsa, non so se più rasserenato o rassegnato, come la mia città ormai sveglia, che ricomincia la sua avventura quotidiana. 

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