Le maestre comunali e l’ambiguità dei sindacati

Franco Buccino

(Repubblica ed. Napoli 11 luglio 2014 pag. X)

Volge al termine un anno scolastico senza infamia e senza lode. In compenso si parla parecchio, in questi giorni, delle maestre di Napoli, quelle comunali. Molto combattive, lottano per essere confermate nel loro lavoro. L’hanno già fatto negli anni scorsi, e sono riuscite a far breccia nel cuore di De Magistris, a cui portarono la serenata. Nella loro protesta sono sostenute dai sindacati. Sembra una cosa scontata. Se non fosse che anche nelle scuole comunali come in tutte le scuole pubbliche il personale da stabilizzare si prende per metà dagli incaricati annuali, precari, l’altra metà da un concorso al quale partecipano tutti quelli che hanno i requisiti richiesti. È il famoso doppio canale: con il quale si cerca di contemperare i diritti di quelli che hanno servizio nella scuola con il diritto degli altri, soprattutto i più giovani, di accedere all’insegnamento attraverso un pubblico concorso. Ora, le maestre precarie non sono d’accordo ad applicare questa norma del doppio canale. E questo è normale. Ma non sono d’accordo neppure i sindacati. Che è francamente sconcertante. In linea teorica, siamo tutti d’accordo a svuotare le graduatorie di supplenti e precari, stabilizzandoli per tempo; a mandare in pensione non troppo tardi i docenti (abbiamo in Italia gli insegnanti più vecchi d’Europa). Ma le cose, si sa, vanno diversamente; c’è una grande disoccupazione, soprattutto quella intellettuale; allora occorre stare attenti ai diritti di tutti, anche quelli senza voce e senza sponsor. Come ben sanno i sindacati. O come almeno dovrebbero sapere. In realtà spesso essi cedono alla tentazione di tutelare quelli che un lavoro ce l’hanno, fino a prevedere ammortizzatori di tutti i tipi, casse integrazioni ordinarie e in deroga; di tutelare e di dare una precedenza a chi si trova per combinazione e in forma del tutto casuale su un posto di lavoro, e si dimenticano completamente di quanti sono disoccupati o meglio in attesa di occupazione, magari da anni. E poi si meravigliano che i giovani sono distanti e non li seguono.

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