Franco Buccino
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Perfino il mio amico precario, disincantato e cinico osservatore della scuola e dei suoi guai, ha avuto come un fremito ascoltando la mattina del 26 novembre scorso la sentenza della Corte di Giustizia europea che censura l’Italia per aver reiterato i contratti ai precari della scuola al posto di stabilizzarli. Si è ricordato di Carmine, il collega che due anni fa non ce l’ha fatta e si è tolta la vita; dei docenti e soprattutto amministrativi e bidelli che nel corso degli ultimi anni hanno perso il posto per via dei tagli agli organici, e hanno dovuto ricominciare daccapo altrove o hanno cambiato mestiere; della sua personale odissea e di quelli come lui che ora aspettano la stabilizzazione, dei sacrifici, degli studi, delle cause, dei debiti che hanno dovuto fare per “mantenersi” il lavoro che gli spettava. Come ha sentenziato la Corte.
Ma subito è tornato con i piedi per terra e ha intravisto la problematicità di un’applicazione estensiva della sentenza. Così come del resto hanno cominciato a fare gli esperti. La sentenza si applicherebbe solo a quanti hanno svolto i 36 mesi di servizio su posti in organico di diritto. Nella scuola, come ormai tutti sanno, c’è un organico di diritto e un organico di fatto: un organico teorico, tipo pianta organica, e un organico concreto, che serve ad occupare tutti i posti attivati in un anno scolastico. È una differenziazione cervellotica, che si può capire se all’organico si aggiunge un supplente che sostituisce per tutto l’anno un collega di ruolo ammalato o in maternità o per altri motivi simili, ma non si capisce più se si aggiungono posti che derivano dalla formazione di classi in più o dalle richieste di ore di sostegno per i diversamente abili o da attività aggiuntive autorizzate sempre in ritardo, o anche posti che si liberano sistematicamente ogni anno per lo spostamento di personale da un ordine di scuola all’altro. In buona sostanza, non c’è differenza tra i due organici, e la stessa Amministrazione li ritiene “paralleli”: eppure se un precario occupa un posto “libero e vacante” in organico di diritto, è pagato dal 1° settembre al 31 agosto, se occupa un posto solo “libero” è pagato dal giorno dell’assunzione al 30 giugno.
Gli uffici legali affilano le armi per l’affare del secolo. Si preparano i precari, tutti i precari, dopo la sentenza, non solo a far valere i servizi prestati su posti in organico di fatto, ma i servizi svolti senza abilitazione o fuori dalle graduatorie; si preparano a presentare diffide, ricorsi, richieste di riapertura dei procedimenti sospesi o conclusi. Contemporaneamente va avanti il provvedimento per stabilizzare i 150 mila docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento o idonei nell’ultimo concorso del 2012. Il ministro Giannini sostiene che il governo si era preparato a una scontata sentenza della Corte Europea con il provvedimento inserito nella legge di stabilità, teso a svuotare le graduatorie dei precari. In realtà le due soluzioni partono da uno stesso punto, da una base che è la stessa, ma poi vanno in direzioni opposte, nel senso che ad un certo momento i precari coinvolti non sono più gli stessi.
Con l’applicazione generalizzata della sentenza passano di ruolo al Sud una parte dei precari che stanno nelle graduatorie e giusto qualcuno fuori di essa, al Nord passano molti dei precari in graduatoria e altrettanti che stanno fuori. Forse passano di ruolo le persone giuste, ma rimarrebbero in piedi le graduatorie, fonte inesauribile di precariato. Con il provvedimento Renzi, invece, si svuotano le graduatorie. Ma si creano notevoli problemi di gestione, relativi a un organico funzionale, fatto di docenti cioè non titolari di cattedra, e relativi soprattutto alla mobilità del personale. In particolare si sposterebbero al nord docenti meridionali che prendono il posto di precari che da anni lavorano senza essere nelle graduatorie. Passerebbero di ruolo nella scuola statale, inoltre, insegnanti delle private paritarie, persone che hanno solo mesi di servizio o che fanno da anni un altro mestiere.
È difficile immaginare un sistema di stabilizzazione “misto”. In entrambi i casi è facile prevedere ricorsi e controricorsi a catena. E c’è chi comincia a temere che le due soluzioni, provvedimento del governo e applicazione della sentenza, possano neutralizzarsi a vicenda. E, cioè, che non se ne faccia niente. L’ultima beffa per i precari.