Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli, 7 dicembre 2014)
La recente sentenza della Corte di Giustizia europea che censura l’Italia per aver reiterato i contratti ai precari della scuola al posto di stabilizzarli, si applicherebbe solo a quanti hanno svolto i 36 mesi di servizio su posti in organico di diritto.
Nella scuola c’è un organico di diritto e uno di fatto: un organico teorico, tipo pianta organica, e un organico concreto, che serve ad occupare tutti i posti attivati in un anno scolastico. In buona sostanza, non c’è differenza tra i due organici, e la stessa Amministrazione li ritiene “paralleli”: eppure se un precario occupa un posto “libero e vacante” in organico di diritto, è pagato dal 1° settembre al 31 agosto, se occupa un posto solo “libero” è pagato dal giorno dell’assunzione al 30 giugno.
Contemporaneamente va avanti il provvedimento per stabilizzare i 150 mila docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento o idonei nell’ultimo concorso del 2012. Il ministro Giannini sostiene che il governo si era preparato a una scontata sentenza della Corte Europea con il provvedimento inserito nella legge di stabilità, teso a svuotare le graduatorie dei precari. In realtà le due soluzioni partono da uno stesso punto, da una base che è la stessa, ma poi vanno in direzioni opposte, nel senso che ad un certo momento i precari coinvolti non sono più gli stessi. Con l’applicazione generalizzata della sentenza passano di ruolo al Sud una parte dei precari che stanno nelle graduatorie e giusto qualcuno fuori di essa, al Nord passano molti dei precari in graduatoria e altrettanti che stanno fuori. Forse passano di ruolo le persone giuste, ma rimarrebbero in piedi le graduatorie, fonte inesauribile di precariato. Con il provvedimento Renzi, invece, si svuotano le graduatorie. Ma si creano notevoli problemi di gestione, relativi a un organico funzionale, fatto di docenti cioè non titolari di cattedra, e relativi soprattutto alla mobilità del personale. In particolare si sposterebbero al nord docenti meridionali che prendono il posto di precari che da anni lavorano senza essere nelle graduatorie. Passerebbero di ruolo nella scuola statale, inoltre, insegnanti delle private paritarie, persone che hanno solo mesi di servizio o che fanno da anni un altro mestiere.
È difficile immaginare un sistema di stabilizzazione “misto”. In entrambi i casi è facile prevedere ricorsi e controricorsi a catena. E c’è chi comincia a temere che le due soluzioni, provvedimento del governo e applicazione della sentenza, possano neutralizzarsi a vicenda. E, cioè, che non se ne faccia niente. L’ultima beffa per i precari.