Primarie visionarie

(il racconto delle primarie del 1° marzo)

Franco Buccino

La domenica delle primarie comincia male. Nella corsa mattutina, all’altezza di piazza San Ferdinando, mi trovo davanti, oltre le impalcature del San Carlo, della Fontana del Carciofo e di Palazzo Reale, anche un’enorme gigantografia di Palazzo Salerno. Per un attimo penso che sotto quelle scene non ci sia niente. Mi prende un senso di angoscia, dal quale ancora non mi sono del tutto ripreso. Continuando la corsa mi metto in coda a un gruppo che discute pacatamente. Più che corridori, sembrano, complici la luce fioca e il silenzio circostante, quelle misteriose figure della mitologia o dell’Antico testamento, nelle quali si imbattevano i viandanti nell’antichità. Se non fosse che l’argomento che trattano è proprio attuale, di giornata, le primarie del Pd.

Dicono cose di assoluto buonsenso. Chi le vuole veramente queste primarie; sembra che tutti prendano le distanze; e chi non le prende oggi, le prenderà domani, le distanze. Saviano che dice di no al voto; gli ispettori pronti a scoprire i brogli già dati per certi. Un poco più animata la discussione su quel che ognuno ha in mente di fare. Equamente divisi: non vado a votare per come si è arrivati a questa competizione; vado a votare perché comunque è un’occasione e un esercizio di democrazia; voto De Luca perché Cozzolino, per lenta evoluzione, si è trasformato da delfino in in un pesce più grande; voto Cozzolino perché De Luca è sempre lo sceriffo, con il vizietto delle grandi opere. Del terzo candidato non parla nessuno. Ci lasciamo con l’impegno di trovarci a commentare il lunedì.

Il giorno dopo ripasso per la Napoli virtuale di piazza Plebiscito e dintorni. Mi riprende l’angoscia. E se i 160 mila votanti fossero delle comparse in un Truman show napoletano, anzi campano? Ma no, mi dico, ho votato anch’io e diversi dei compagni di corsa di questo gruppetto “politico” che puntuale si ricostituisce. Nei nostri discorsi innanzitutto le confessioni. Ci raccontiamo, in una sorta di psicodramma, il voto, il nostro voto. Il voto è segreto, ma forse quello delle primarie no. Chi non è andato a votare in modo deciso; chi non è andato a votare ma si è aggirato fino alle 21 sotto il seggio di via Toledo. “E’ la prima volta che diserto una votazione”. E poi quelli che hanno votato, tra mille dubbi.

Quasi a giustificarsi, così come hanno fatto nella discussione di ieri, parlano male del candidato per il quale non hanno votato, piuttosto che parlar bene del candidato al quale, pure, hanno accordato fiducia. Uno, molto ansioso – lo si vede da come corre – racconta che quando è arrivato nella “cabina” con la scheda davanti, alzando gli occhi ha visto a sinistra Roberto Saviano con il viso corrucciato, a destra la Madonna di Pompei materna ma severa; allora ha scritto un bel “No, non voto” sulla scheda. L’ha annullata anche per evitare che se ne potesse fare un “uso improprio”. Ma ha ancora tanti dubbi.

Poi passiamo alle riflessioni e ai commenti. De Luca è eleggibile altrimenti perché il Pd l’avrebbe presentato nelle sue primarie. Archiviate le primarie, già ha in mente tre liste, forse quattro, compresa una di destra, il candidato del Pd. Perché tutti prendono le distanze dalle primarie? Perfino l’unico aspetto positivo, la partecipazione al voto, rischia di ribaltarsi contro i 160 mila che siamo andati a votare. Vuoi vedere che alla fine, i 160 mila, non siamo figuranti di presepi viventi e processioni della settimana santa, ma gli unici responsabili di queste primarie, che non s’avevano da fare, e della vittoria di De Luca, che non doveva vincere.

L’ultimo del gruppo, che lavora in ospedale, si volta verso di me: “Tu che scrivi, ti do il titolo per un articolo”. Un titolo che sintetizza l’intera vicenda: “Clamoroso e originale caso di malasanità in Campania. Mandati a curare i pazienti. Ma i malati sono i medici!”.

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