GLI ANZIANI CHE NON SI LAMENTANO SONO SPERANZA DI CAMBIAMENTO

(Repubblica ed. Napoli 25 marzo 2015)

Dagli anziani attivi la speranza di cambiamento

Franco Buccino

L’altra settimana si è svolta a Napoli un’affollata riunione di pensionati campani, appartenenti ai sindacati confederali. Gli osservatori si aspettavano che parlassero e si lamentassero dei problemi degli anziani: pensioni, caroprezzi, file, ticket, malanni e solitudine. E invece non è andata così.

Non che mancassero o manchino i motivi per lamentarsi. Anzi. Le pensioni medie in Campania sono, quelle degli uomini, e soprattutto quelle delle donne, le più basse d’Italia. Per capirlo basta recarsi nei mercatini rionali o nei mercati settimanali dei paesi e vedere come gli anziani sono alla ricerca dei prezzi più bassi per i prodotti più comuni. Spesso fanno a meno di cibi necessari per una corretta alimentazione e qualche volta, per risparmiare, si orientano verso prodotti ai limiti della commestibilità. Così come sempre più spesso, per l’introduzione di ticket sanitari d’ogni genere, rinunciano a controlli, analisi, esami e medicinali, fino a compromettere la propria salute. Infine, con i tagli alla spesa sociale attuati nella nostra regione agli anziani hanno tolto spazi vitali di aggregazione e socializzazione, iniziative di educazione permanente, turismo sociale, soluzioni abitative.

Nella riunione, invece, i pensionati hanno parlato, in perfetto stile confederale, del problema lavoro, quello che c’è e quello che non c’è, e delle politiche economiche e industriali; con la stessa attenzione e la stessa forza sono passati a discutere dei problemi di tutti: anziani, giovani e famiglie; degli ultimi e di diritti negati; di scuola e istruzione degli adulti, sanità, trasporti, immigrazione; di assistenza e politiche sociali; di politica, insomma. Hanno esordito parlando di povertà, di poveri vecchi e nuovi, di questo terribile discrimine sociale che mette in discussione tutta l’applicazione della nostra carta costituzionale. E poi di reddito pro capite: il nostro è la metà di quello delle regioni ricche del nord. Abbiamo la maglia nera anche per i Lea, i servizi essenziali di assistenza. Hanno discusso di sanità, di vasti territori “scoperti” e di tempi lunghi per l’erogazione di servizi, di assenza quasi totale di prevenzione e “screening”. Per loro è ben evidente il gioco dei piani di rientro del governo regionale di questi anni, realizzati con i tagli sulla pelle dei cittadini. Ma hanno anche parlato di “terra dei fuochi” esprimendo nuova consapevolezza sul tema della salute dei cittadini: un diritto, la salute, che bisogna conquistarsi e che si deve esercitare. Anche i trasporti sono entrati nel loro dibattito: non solo le iniquità del nuovo sistema tariffario, ma anche tutte le “buche” presenti nel sistema regionale oltre che nel manto stradale, in particolare le difficoltà negli spostamenti degli abitanti delle zone interne, difficoltà che spesso li condannano all’isolamento e all’esclusione. Grande spazio nella discussione hanno avuto le politiche sociali verso i disabili e i non autosufficienti, la necessità, il dovere di dargli la possibilità di vivere nelle loro case, e non negli istituti, costruendo un sistema di azioni e servizi di sostegno all’ambiente di vita quotidiano, che metta in grado queste persone di essere inserite nella vita attiva della comunità. Su tutti questi temi i pensionati hanno portato, oltre ai loro punti di vista, l’esperienza che fanno quotidianamente nelle loro sedi con gli anziani (e non solo) e nei difficili e rari tavoli di confronto con i Comuni e le altre istituzioni.

Con questi discorsi hanno sorpreso non solo gli osservatori, ma anche i vertici dei sindacati confederali, seduti allo stesso tavolo (non succede spesso nella nostra regione), che si sono impegnati a costruire con la “categoria” dei pensionati una piattaforma regionale confederale.

I motivi per cui i pensionati attivi sono così lontani dallo stereotipo “anziani” sono molti e complessi. Ma due sono chiarissimi. Il primo è nella loro storia, nella vita trascorsa, nell’impegno politico e civile costante, da studenti a partire dal ‘68, da lavoratori a partire dallo Statuto dei lavoratori, da cittadini a partire dalle battaglie pacifiste e ambientaliste. Il secondo è nella lunga crisi di questi anni che non solo li ha investiti, ma li ha fatti maturare ulteriormente. Perché dal loro osservatorio privilegiato, quello della loro età, hanno visto e vedono con sofferenza intere generazioni, oltre la loro, dibattersi tra mille problemi; e perché, per il ruolo che svolgono in famiglia in una regione come la nostra, condividono quotidianamente e concretamente i problemi di figli, generi, nuore, nipoti.

Oggi sono determinati più che mai a impegnarsi nel contesto sociale. E così sono una risorsa non solo per il sindacato, al quale danno un contributo importante per fargli trovare maggiore equilibrio tra il lavoro e le condizioni di vita e l’esigibilità dei diritti delle persone, ma per l’intera società. Anzi gli anziani che, come questi pensionati, praticano l’invecchiamento attivo e vivono il ruolo di cittadini, sono oggi, per quantità e qualità, la speranza più concreta di un possibile cambiamento in meglio dell’intera società.

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