Il piano assunzioni del governo e l’esodo dei precari

Franco Buccino
(Repubblica ed. Napoli 6 agosto 2016 pagg. I – X)
In questi giorni e in queste ore migliaia e migliaia di docenti precari della scuola, soprattutto meridionali e campani, stanno decidendo il loro destino, il futuro loro e delle loro famiglie. Partecipare o meno al piano straordinario di assunzioni nella scuola. Dar vita al più clamoroso esodo nella storia italiana dai tempi della ricostruzione ovvero continuare con più incertezza di prima un lavoro precario per definizione. Colpisce il cinismo del Miur che pubblica sul suo sito Faq fredde e impersonali, gli interventi volutamente vaghi e ambigui del Ministro, il silenzio di Renzi (Ah, se la moglie fosse stata una precaria del sud!). I sindacati affilano le armi per un autunno che rischia di essere troppo lontano. A loro agio stanno solo le solite lobby, che già accettano preiscrizioni a prossimi ricorsi e a master a pagamento per avere più punti nelle future domande di trasferimento.
È vero, in molti eravamo pronti a dare addosso al premier perché non sarebbe riuscito a dar vita alla “buona scuola”, in primis a stabilizzare i precari e poi a formare l’organico funzionale o potenziato, come si dice ora. Gli dovremmo dar atto che c’è riuscito. Ma il modo che ha scelto per dar corpo alla “buona scuola” lascia del tutto sconcertati per la superficialità, il dilettantismo. Stupisce come dirigenti ministeriali, esperti, consiglieri, glielo lascino fare. I danni rischiano di essere incalcolabili. Novello Alessandro, Renzi i nodi non li ha sciolti, ma li ha tagliati. E in questi casi ci si dimentica di chi paga per queste scelte radicali. Il paradosso è che pagheranno quelli che nell’intenzione del governo dovevano essere i beneficiari del provvedimento: i precari e le scuole.
Il rapporto insegnanti di ruolo – precari ha retto per decenni: qualche anno da supplenti e successivamente di ruolo, magari con il passaggio dal sud al nord da supplenti e il ritorno al sud una volta di ruolo. Poi sono intervenuti due fatti nuovi tremendi, e cioè tagli indiscriminati di posti e innalzamento dell’età pensionabile. Una miscela esplosiva che, comunque, non ha portato nessun risparmio nella spesa del personale, ha solo incattivito le norme e reso ingovernabile il sistema. L’Amministrazione scolastica da una parte ha espulso migliaia di precari, dall’altra ha consentito che si continuassero a sfornare docenti abilitati e di sostegno. Al posto di dipanare questa intricatissima matassa, ecco il primo taglio renziano: coprire tutti i posti in tutte le regioni dando la possibilità a una buona parte di precari di fare una domanda “volontaria” con l’obbligo di scegliere tutte e cento le province (?!). Noi la chiamiamo deportazione. E che magari con più punti in graduatoria si possa andare più lontano e con meno punti più vicino, è solo un piccolo dettaglio, un incidente di percorso. L’importante è coprire i posti.
Quali posti? Oltre le cattedre, si va a coprire anche l’organico potenziato. Da molti anni si pensa a un organico funzionale, che possa soddisfare tutte le esigenze delle scuole, sia di ordine didattico, sia di tipo organizzativo. Quindi, dotare le scuole di un numero di docenti maggiore di quello necessario per le lezioni frontali. Nella scuola primaria era stato creato con molto successo: i moduli, gli insegnanti di lingua straniera, ecc. Ma negli anni dei tagli è stato quasi del tutto smantellato. La difficoltà per quanto riguarda l’organico potenziato è che nella scuola secondaria, le medie e le superiori, esistono le classi di concorso, gli insegnanti delle singole materie e non docenti interscambiabili. Ricordo i tentativi di risolvere il problema ai tempi del ministro Berlinguer. Con scarsi risultati. Ora arriva Renzi ed ecco il secondo taglio: l’organico potenziato è costruito in base alle richieste che le scuole faranno a settembre prossimo. In modo così casuale che è facile immaginare cosa avverrà nei prossimi anni: una scuola chiede un insegnante di latino e si dovrà “accontentare” di un insegnante di cucina. L’importante è avere un insegnante in più.
È facile criticare, si dirà. Intanto penso che le cose non bisogna farle se non si sono valutate le conseguenze. Soprattutto se si coinvolge così pesantemente lavoratori, studenti, famiglie. Ma poi penso che bisogna dare un ordine logico e cronologico alle cose che si fanno. Solo l’altro giorno il Consiglio dei ministri ha approvato un timido aggiustamento delle classi di concorso. Fa per ultimo, e in malo modo, quello che andava fatto per primo. Classi di concorso rivisitate e soprattutto aree disciplinari vanno definite in modo chiaro. Schede informative di ogni docente precario (erano previste e poi sono scomparse), con i titoli e le esperienze maturate, vanno compilate ed esaminate. Incrociando le une con le altre si ottimizzano le infinite risorse presenti nei territori.
Il fatto è che l’Amministrazione scolastica, la più grande azienda del paese per numero di addetti, non ha una politica del personale. Dovrebbe conoscere e apprezzare i suoi addetti. Non può considerare aspiranti, concorrenti, selezionandi, quelli che lavorano per lei, suoi docenti magari da dieci anni e oltre.
Renzi pare voglia cominciare a interessarsi del sud. Dia una prima risposta riconsiderando, stoppando e modificando quelle scelte contenute nella “buona scuola” che penalizzano soprattutto i docenti precari meridionali.

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