Franco Buccino
Repubblica ed. Napoli 2 novembre 2016
Parliamo tanto degli anziani. La solitudine degli anziani, i maltrattamenti che subiscono in alcune “residenze”, le barriere, la carenza di servizi, le difficoltà economiche della maggioranza di loro. Sono questi gli argomenti ricorrenti come ricorrenti sono purtroppo i corrispondenti episodi di cronaca che li riguardano. E però di recente, facendoli quasi uscire dal loro isolamento e dal loro recinto, sono stati coinvolti su tematiche più generali e ben più “importanti”: il referendum sulla costituzione del prossimo mese. I fatti sono arcinoti. In sintesi. Gli anziani non comprendono bene il contenuto della riforma; perciò votano Sì. Chi sostiene queste tesi fa autogol perché è anziano anche lui. Forse anche chi l’accusa pensa non solo che gli anziani abbiano difficoltà a comprendere, ma, soprattutto, che farebbero bene a ritirarsi dalla vita politica.
A marzo di quest’anno, Tullio De Mauro, il più autorevole linguista italiano, in una nota intervista ha fatto il punto sull’analfabetismo strumentale e funzionale in Italia, riprendendo i dati della terza indagine comparativa internazionale, gestita dall’OCSE e chiamata PIAAC (Programme for International Assessment of Adult Competencies). Nel nostro paese, tra le persone in età da lavoro (16-65 anni), il 70% si colloca negli ultimi due livelli dei cinque in cui è articolata l’alfabetizzazione: tra l’ultimo che indica la totale incapacità di decifrare uno scritto e il penultimo che indica la quasi totale incapacità di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un testo anche semplice. Soltanto il 30% della popolazione ha quei livelli di comprensione della scrittura e del calcolo, dal terzo livello in su, che vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna. Ed è certamente inferiore al 30% la percentuale degli italiani che ha una comprensione dei discorsi politici o che capisca come funzioni la politica italiana. Gli anziani avranno di sicuro ancora maggiori difficoltà rispetto alla media, ma, come si vede, sono in buona compagnia!
In quanto poi a votare in un modo o in un altro, gli anziani o gli altri, nella stessa intervista alla domanda se oggi si combatte l’analfabetismo altrui oppure lo si usa come arma di sfruttamento per arrivare al potere, De Mauro ricorda che l’analfabetismo è “oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni”. Insomma, l’apprendimento permanente è lo strumento indispensabile in ogni progetto di cittadinanza attiva, e anche di invecchiamento attivo. Se, da qui a pochi anni, un cittadino su tre avrà più di sessantacinque anni, gli anziani avranno e dovranno necessariamente avere nuovi e importanti spazi nel mondo dell’apprendimento, del lavoro e dell’economia, del volontariato civico, della politica. Nella quale dovranno anch’essi esprimere una classe dirigente, formata non dai “vecchi” politici – con buona pace di D’Alema, la politica è la più usurante delle attività -, ma da nuovi anziani che interpretino in senso compiuto la partecipazione, la democrazia e il benessere della comunità.