Franco Buccino
Un altro scandalo nel Terzo Settore campano. Questa volta le persone coinvolte sono ben note nel mondo dell’associazionismo: sono state anche componenti degli organismi di rappresentanza e di servizio del Terzo Settore. Non si può più parlare di mele marce, che si trovano ovunque. Salvo il diritto degli interessati di dimostrare la loro estraneità ai fatti contestati. È venuto, comunque, il momento di dire alcune cose con chiarezza. Anche se possono sembrare poco in linea con le riflessioni sui grandi temi e con il fiume di parole che accompagnano la riforma del Terzo Settore.
La prima. Si parla spesso della crisi del volontariato, e dell’associazionismo in genere; di quanti si affacciano a questo mondo perché privi di lavoro e bisognosi anche di piccole cifre per tirare avanti, soprattutto di giovani che poi appena trovano un lavoro scappano. Ci si scandalizza per i rimborsi spese ai volontari, pochi euro al giorno, che rendicontano – secondo i benpensanti – tra mille furbizie. E non si parla di come si formano i dirigenti del Terzo Settore, di come si distribuiscono le risorse, di quanti ricevono anche sostanziosi contratti e stipendi. A cui tanti non rinunciano al punto di arrivare a tradire missione e ruolo, a intraprendere relazioni pericolose, a coinvolgere perfino la propria organizzazione in iniziative illecite.
La seconda discende dalla prima. Nonostante la normativa, c’è scarsa democrazia nel Terzo Settore, ci sono invece gerarchie inaccettabili e ridotta comunicazione. E così capita che in pochissimi decidono le scelte dell’associazione, la sua evoluzione e, spesso, perfino la sua trasformazione. Diverse cooperative sono improvvisate, con strutture fragili, e non le salva neppure il consorzio o la rete nazionale di riferimento. Tante associazioni e cooperative nascono già con un preciso referente, a cui rimangono legate e da cui dipendono per tutta la loro, spesso breve, vita.
Terza. C’è troppa disparità tra chi assiste e chi è assistito, tra chi fornisce un servizio e chi ne usufruisce. I primi ne possono approfittare, e capita. Bisognerebbe favorire e pretendere associazioni di “utenti”, di cittadini, di famiglie. Indipendenti e non di comodo. Anche queste associazioni, insieme agli altri enti di Terzo Settore e al Sindacato, dovrebbero partecipare alle concertazioni e contribuire alla costruzione di piattaforme da consegnare alla contrattazione sociale. E, qualche volta, i sindacati dovrebbero sostenere non solo i diritti delle cooperative nei confronti degli enti locali, ma anche i diritti dei lavoratori nei confronti delle cooperative stesse.
Quarta. C’è ancora troppa disparità tra associazione e associazione, tra ente ed ente del Terzo Settore, e tra territorio e territorio. Ci sono imbarazzanti monopoli che sono in contraddizione con la natura di questo mondo. È un fenomeno trasversale. Che permette ad alcuni di sviluppare mega organizzazioni con risorse umane e materiali, con una vera incetta di risorse pubbliche. È vero che, spesso, vengono premiati dalle scelte e dalle donazioni, ma non dovrebbero dimenticare che i soldi sono della collettività e ad essa sono destinati. E poi c’è l’iniqua distribuzione di risorse sul territorio. Sono sotto gli occhi di tutti gli utili delle fondazioni bancarie destinati al volontariato: quelli che maturano al sud, per il 96 per cento, emigrano al centronord.
Quinta. I Centri di Servizio del Volontariato (Csv), affidati dalla legge alle associazioni, meglio a reti di associazioni, per un’autogestione delle risorse e dei servizi necessari, spesso sono diventati del tutto indipendenti, e i loro gruppi dirigenti a volte si sono del tutto affrancati dalle associazioni da cui pure provengono. E così capita che, nell’applicazione della riforma, diventa più importante la sopravvivenza dei singoli Csv che non i servizi di cui ha bisogno sul territorio il mondo del Terzo Settore.
Su questi e tanti altri problemi simili difficilmente si potrà intervenire dall’esterno; ed è facile che continueranno gli scandali. Ma una buona e rapida applicazione della Riforma e, soprattutto, la responsabilizzazione del terzo settore, rispetto al tema della trasparenza che passi attraverso l’autocontrollo, potranno aiutare le associazioni a crescere e tutti gli associati a partecipare con maggiore consapevolezza alla vita associativa.