Franco Buccino
Quotidiani episodi di bullismo contro gli insegnanti. Filmati dagli studenti e messi in rete. Non c’è una pausa, un periodo calmo, in cui si possa tentare di fare sul fenomeno un discorso più articolato e complessivo. Le scene che si susseguono in televisione e sui social hanno un forte impatto emotivo sulla gente. Più di quelle, riprese dalla Polizia di Stato, che mostrano bimbetti delle materne strattonati e picchiati da maestre “esaurite”. Più delle storie, raccontate nei telegiornali, di violenze domestiche su ragazzi e ragazze, sottratti spesso alla “patria potestà”. Più delle baby gang che per strada circondano e malmenano coetanei o vecchi mendicanti. Sarà la sacralità violata della scuola, la cattedra assaltata, l’intelligenza e la cultura sopraffatte da irrazionalità e violenza, a colpire e a urtare, come si dice, la sensibilità delle persone.
In realtà proprio su queste convinzioni, spesso veri e propri luoghi comuni, bisogna intervenire. Per comprendere meglio gli episodi di cui parliamo, almeno di una gran parte di essi, dobbiamo spostare l’attenzione sull’organizzazione concreta e reale della scuola, sui consigli di classe, sulle ore di lezione, sui singoli insegnanti. A scuola le classi devono essere “coperte”, cioè devono avere un adulto che vigili: di norma l’insegnante della materia in orario, oppure un supplente, un sostituto, il bidello che guarda la classe. Per questa necessità la scuola paga un prezzo molto elevato, perché la sorveglianza è il più delle volte a discapito delle opportunità didattiche. E però nei cambi d’ora, così come in altre occasioni, le classi possono rimanere “scoperte”, e non sono rari in tale contingenza episodi di bullismo che hanno per protagonisti alunni prepotenti. Da soli o in gruppo prendono di mira i più fragili, a volte perfino ragazzi diversamente abili.
Ma noi parliamo di insegnanti vittime di atti di bullismo. Nonostante l’impegno, la serietà e la professionalità di tanti docenti, anche in questa categoria ci sono persone inadeguate. Per esempio insegnanti che non sono in grado di gestire una classe, di controllarla, magari di far lezione. Quasi sempre gli insegnanti “bullizzati” appartengono a questa sottocategoria. Quante volte, da insegnante e da preside, entrando in un’aula ho trovato una baraonda totale con l’insegnante mimetizzato tra gli alunni, con ragazzi sulla cattedra che sbirciavano i voti su registro o, peggio, manomettevano il diario di classe. Insegnanti deboli, certo, ma anche alcuni così presi dai loro affari da trascurare la classe e lasciarla in balia di sé stessa, in una sorta di patto scellerato: voi non pretendete niente da me, e io niente da voi.
Queste tipologie di insegnanti, soprattutto i deboli, quelli senza polso, sono ben noti ai colleghi, ai bidelli, al dirigente scolastico, oltre che agli alunni. Una volta si provava a rimediare all’incapacità di alcuni docenti di governare la classe con una sorta di catena di solidarietà fra tutte le figure scolastiche. E poi valeva molto di più la collegialità dei docenti, una modalità di lavoro cooperativistica, l’attenzione all’aspetto educativo e comportamentale degli allievi. Oggi non è più così, o lo è molto meno, anche per gli effetti della Buona Scuola. C’è poco tempo per il confronto fra i docenti, l’organizzazione scolastica si è verticalizzata: sono tante le figure intermedie (quelli che vanno poco in classe) fino al dirigente scolastico, spesso chiuso in presidenza alle prese con progetti vari. E l’insegnante è più solo con la classe, soprattutto chi avrebbe più bisogno di essere supportato. Poi, il resto chiamato in causa negli episodi di insegnanti bullizzati è tutto vero: ideali e valori sotto i piedi, modelli violenti e amorali, genitori inetti e con problemi, periferie, malavita, droghe e alcool.
Ma, per chi conosce la scuola dall’interno, quando scoppia il caso di un insegnante vittima di bullismo, il più delle volte due cose non è possibile sopportare: i colleghi sorpresi, stupiti, esterrefatti; il dirigente scolastico che avvia una scrupolosa indagine interna. È il trionfo dell’ipocrisia.