L’inserimento a scuola dei ragazzi disabili

Franco Buccino

C’è una notizia recente, scioccante, che per motivi vari non ha avuto adeguata risonanza: in un istituto comprensivo di Castellammare un ragazzo autistico di quattordici anni, che frequenta la prima media, è stato trovato dai genitori, secondo la loro denuncia, segregato in palestra, senza vestiti, sporco dei suoi stessi escrementi. La scuola si sarebbe dichiarata inadeguata a “gestire il caso”.

Mi è tornato in mente l’episodio di otto-nove anni fa di Ciro, alunno di una scuola elementare del Vomero, che se la fece sotto, come si dice. L’assistente materiale, che c’era, nonostante Ciro avesse salviette e ricambio, chiamò la famiglia perché qualcuno venisse a pulirlo e cambiarlo. La nonna era ed è molto battagliera, ma alla fine rimanemmo da soli, io e lei, nella denuncia. La scuola aveva già fatto la sua parte “accogliendo” un handicappato; l’accudiente materiale era una laureata in psicologia; il papà di Ciro si preoccupava che prendessero il figlio in antipatia.

Si parla di ragazzi in carne ed ossa, e dei loro familiari. Non possiamo saltare questo passaggio, anche se subito dopo dobbiamo allargare il discorso al sistema scuola e al capitolo dell’inserimento dei disabili.

Dal 1977 il nostro paese include nella scuola pubblica tutti; e sono state individuate figure importanti per attuare questo diritto: gli insegnanti di sostegno, accudienti materiali ed altri.

Staremmo all’avanguardia nel mondo, se non fosse che manca una legislazione adeguata sull’inclusione scolastica. Anzi è talmente contraddittoria che l’ultimo decreto del ministro Bianchi sul P.E.I. (il profilo educativo individualizzato) è stato sonoramente bocciato dal Tar Lazio, il 14 settembre scorso, all’inizio della scuola! Se non fosse che il numero degli insegnanti di sostegno cresce a dismisura, non tutti con il titolo specifico, non sempre particolarmente motivati a tale funzione, in maggioranza relegati a precari, e i più. soggetti proprio loro a trasferimenti. Staremmo all’avanguardia, se non fosse che ancora non sono chiari i ruoli e le funzioni dei diversi soggetti nell’organizzazione della vita scolastica, in relazione all’inserimento degli studenti con disabilità.

Sono argomenti molto dibattuti, e le posizioni spesso le più diverse, tra scuola e famiglia, genitori e professori, insegnanti di sostegno e quelli curricolari. Per esempio, nel commento all’incredibile caso della scuola di Castellammare, il presidente della più importante associazione di disabili, auspica due cose sulle quali io, ma insieme a tanti altri, ho serie riserve.

Per evitare che si ripetano tali episodi, dice il presidente, occorre una formazione adeguata specializzata per tutti i docenti e il restante personale, e l’immediata costituzione di una classe di concorso per il sostegno.

Sembrano due proposte di buon senso. La prima un po’ velleitaria. Se la formazione è quella che ora parte per i docenti, di appena 25 ore, non è certo adeguata. Se i docenti ne facessero una “consistente”, l’amministrazione scolastica sarebbe tentata di fare a meno degli insegnanti di sostegno (non sarebbe il primo caso: quando ha bisogno, regala, con pacchetti orari molto contenuti, titoli e abilitazioni).

Ancora più complicata la classe di concorso denominata “sostegno”. Per insegnare che cosa? Gli insegnanti insegnano delle materie; per un ruolo diverso, specialistico, di supporto, non sarebbero più insegnanti. E in ogni caso, con gli specialisti poi si può arrivare, si può tornare, alle classi speciali, alle classi differenziali!

Per adesso, quello che possiamo fare è di parlare spesso dell’inserimento nella scuola dei ragazzi disabili: dei brutti episodi, senza reticenza, ma anche delle tante buone pratiche messe in atto da insegnanti, studenti e famiglie, accomunati dalla generosità.

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