Il progetto gelmini per la restaurazione

Franco Buccino

Il ministro Gelmini ha fatto conoscere in queste settimane ad ampi strati della popolazione concetti come compresenze, tempo pieno, organico funzionale, rete scolastica. Elementi importanti della nostra idea di scuola, e che noi non siamo riusciti a socializzare con molti. Peccato che il ministro li riprenda con l’ intenzione di archiviarli o di stravolgerli. A cominciare dalla compresenza, che è il cardine del rinnovamento della scuola di questi ultimi decenni, in particolare della scuola di base, ma che in modo sempre meno episodico si diffonde anche nella secondaria. La compresenza, pur riguardando una piccola parte dell’ orario scolastico, favorisce l’ idea e la pratica della interdisciplinarietà, un approccio meno unilaterale alle problematiche e agli argomenti di studio. Permette, attraverso la contemporaneità della presenza degli insegnanti in classe o la divisione della classe in gruppi, recuperi e individualizzazione di alcuni interventi. E soprattutto costringe gli insegnanti a uscire dall’ isolamento, a confrontarsi su metodi, programmi e valutazioni. Il confronto sugli alunni, ad esempio, li porta a esprimere giudizi anziché voti numerici. La compresenza quindi esalta la professionalità docente. Dagli anni Settanta il “tempo pieno” è il modello di scuola che incarna questi principi, utilizza competenze, specializzazioni, vocazioni e creatività degli insegnanti. Ma il “tempo pieno” richiede sforzi economici e politiche scolastiche non indifferenti da parte dei Comuni: ecco perché si è diffuso solo in alcune aree del Paese, tutte del centro nord. Solo il ministro Gelmini, avendo derubricato il tempo pieno a un tempo allungato su cui insistono maestri che non comunicano tra loro, può prometterne l’ espansione. Anche perché eliminerà “i moduli” in tutte le altre classi. Dagli anni Novanta, infatti, si è attuata una riforma della scuola elementare che ha recuperato e generalizzato la cultura del tempo pieno con i cosiddetti moduli: due insegnanti su tre classi, ai quali si affiancano per breve tempo altre figure, come l’ insegnante specialista di lingua straniera. Allo stesso modo nella scuola media si è diffuso il tempo prolungato, che vede all’ interno dell’ orario cattedra dello stesso insegnante attività curricolari, extracurricolari e compresenze. Anche nelle scuole superiori sperimentazioni, progetti, attività laboratoriali, alternanza scuola lavoro, portano gruppi di lavoro, compresenze, interdisciplinarietà. E però, per onestà, occorre dire che negli ultimi anni tutti i governi si sono convinti di spendere troppo e male per l’ istruzione e della necessità di ridurre la spesa. Un obiettivo che hanno perseguito in modo contraddittorio: senza un programma chiaro, hanno tagliato in modo casuale e scoordinato, producendo grossi danni, senza neppure ottenere i vantaggi sperati. La Moratti riducendo il tempo scuola ha lasciato inizialmente lo stesso organico illudendo le scuole che avrebbero fatto meno scuola con più insegnanti, ma poi è uscita allo scoperto e sono continuati i tagli del personale. Fioroni ha innalzato l’ obbligo, è intervenuto generosamente sull’ organico di fatto, per poi riprendere i tagli con più determinazione, perfino sul sostegno. Ma rischiano di passare per dilettanti rispetto al ministro Gelmini, che aggredendo contemporaneamente tempo scuola e organico, avvia un processo di restaurazione della scuola italiana. Il ministro è caduta in un tragico equivoco: ritenendo che tutto l’ orario di un insegnante è orario frontale e che non c’ è spazio e necessità per compresenze e programmazione, ritiene che basti un maestro unico per il tempo normale, due maestri unici per il tempo pieno; stesso discorso per il tempo prolungato alle medie; alle superiori già è pronto il piano per una sostanziosa riduzione d’ orario e quindi di docenti. La rete scolastica da un sistema innervato nel territorio, soprattutto nei punti critici e deboli, diviene una rete commerciale che deve seguire le leggi del mercato. La riduzione di almeno il venti per cento delle scuole, circa duemila, della rete scolastica, eliminerà altre sacche di inefficienza e improduttività, e abbasserà il numero degli addetti. E nonostante tutto ciò assisteremo alla quadratura del cerchio: meno docenti e più tempo scuola, come ripete continuamente la Gelmini, non so con quanta convinzione. Le maestre precarie vestite a lutto piangono per sé e per i loro alunni. Si sta creando un vasto movimento di protesta contro i provvedimenti del ministro ed è probabile oltre che auspicabile che sia costretta a fare marcia indietro. Semmai i provvedimenti o alcuni di essi andassero avanti, sarebbe opportuno che le quote di tempo pieno fossero ripartite equamente sull’ intero territorio nazionale, meglio ancora bisognerebbe riproporre ex novo la ripartizione dell’ organico tra tutte le regioni secondo la logica dell’ organico funzionale. L’ ultimo concetto che la Gelmini ripropone nelle sue esternazioni: una sfida che a mio avviso bisognerebbe accettare. Un organico funzionale per ogni scuola, funzionale al numero degli alunni, ai tempi scuola richiesti o necessari per le caratteristiche socioambientali del territorio. Un organico funzionale sul quale si eserciti l’ autonomia della singola istituzione scolastica per raggiungere gli obiettivi definiti. Che è l’ unico modo di salvare oggi la scuola pubblica dalle idee restauratrici della Gelmini, ma anche dal tracollo finanziario.

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