Scuola, dalle parole ai fatti

Franco Buccino

Per la scuola pubblica è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti. A cominciare da me, che dopo molti anni sono tornato al mio vecchio mestiere, quello di dirigere una scuola. Dove ho trovato ragazze e ragazzi in carne e ossa con i loro diritti, i loro problemi e le loro esigenze. Nella mia scuola e in quelle vicine. Dove ci sono carenze edilizie, assenze di strutture, laboratori e palestre, che segnano il percorso degli alunni, “bravi” e no. Dove abbondano i ripetenti e gli abbandoni, nonostante corsi di recupero estivi di quindici ore o i progetti di scuole aperte. Dove c’ è Antonella, liceale di quarto anno che ha chiesto il nullaosta per un corso di estetista. Dove c’ è Ciro, diversamente abile: lui non si rende conto che gli hanno ridotto le ore di sostegno e deve comprimere la sua vitalità esuberante; e la nonna piange dentro quando l’ accompagna la mattina e vede più di un volto seccato o accigliato. Ma dalle parole ai fatti devono passare soprattutto il ministro e i sindacati. Il ministro Gelmini, dopo la lunga estate di esternazioni, deve presentare al Paese tabelle, provvedimenti attuativi di leggi e decreti. Ancora più arduo a me sembra il compito dei sindacati, chiamati a gestire e coordinare la protesta dei lavoratori e dei cittadini. Il sistema dell’ istruzione pubblica nelle regioni meridionali ha raggiunto un punto di criticità che non ammette ulteriori sofferenze, altrimenti implode. Sono istintivamente ostile all’ idea, lanciata di recente, di stati generali delle scuole meridionali. Perché non ci dobbiamo isolare, non ci dobbiamo difendere, e non ci dobbiamo neppure distinguere. Va bene in una battaglia generale e comune, pretendere standard accettabili, risorse adeguate alle situazioni socioambientali oltre che alla domanda e al numero degli alunni. E per i nostri precari ci sta bene, oltre alla ricostituzione di posti tagliati con l’ accetta, anche la riapertura delle graduatorie ad esaurimento delle regioni da cui sono stati indotti a fuggire. Ancora più discutibile mi sembra che un movimento di scuole meridionali possa essere guidato dagli assessori delle nostre regioni. Forse, anziché creare ibride cattedre con gli effimeri fondi europei, sarebbe meglio che si confrontassero con le scuole autonome e con i sindacati dei lavoratori della scuola sui loro delicati compiti e funzioni, che non sempre assolvono nel migliore dei modi, dal diritto allo studio, all’ obbligo formativo, all’ edilizia scolastica, al piano di dimensionamento della rete scolastica. In attesa della piena attuazione del titolo quinto della Costituzione.

FRANCO BUCCINO

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