Il Terzo Settore – Ma in Campania prevale la divisione

(Repubblica ed. Napoli 01/11/2013)

Franco Buccino

Questi lunghi mesi e anni di crisi, con il profondo dimensionamento dello stato sociale, hanno messo in seria difficoltà il composito mondo del Terzo Settore: le associazioni di volontariato e di promozione sociale, e soprattutto le cooperative sociali. A Napoli e in Campania i crediti maturati nei confronti degli enti locali  hanno creato problemi seri a tutto il Terzo Settore, ma problemi veramente drammatici ai numerosi operatori delle cooperative sociali e alle loro famiglie. Molte cooperative si sono organizzate in un movimento di rivendicazione dando vita a iniziative anche clamorose. Gli unici risultati conseguiti, in modo del tutto involontario, sono stati un certo loro scollamento dal già poco unitario mondo del Terzo Settore campano e, in tempi più recenti, forti contrasti al loro interno con accuse e denunce penali.

Peccato che tali difficoltà siano emerse proprio in questi mesi, in cui si è aperta una breve stagione di “concertazione sociale”. Prima, fino a metà settembre, per la redazione del piano sociale regionale e dei piani sociali nei 65 ambiti in cui è diviso il territorio regionale; ora, fino a metà dicembre, per l’elaborazione di progetti, sempre negli ambiti, di azioni di cura verso l’infanzia e gli anziani non autosufficienti, progetti che saranno tutti finanziati dal piano azione coesione, il PAC. Sulla carta la legge regionale 11 del 2007, quella “per la dignità e la cittadinanza sociale”, dice che la Regione promuove e valorizza la partecipazione degli organismi del Terzo Settore alla programmazione, alla progettazione ed alla realizzazione della rete dei servizi e degli interventi di protezione sociale. Ma, in pratica, gli incontri che fa la Regione, e a seguire anche gli ambiti, sono su due livelli: un giorno incontra sindacati, imprese e cooperative sociali, il giorno seguente le altre espressioni del Terzo Settore. In modo del tutto residuale. Nel primo incontro prevalgono questioni di gestione o di lavoro; nel secondo tutte quelle cose che si dovrebbero fare, come l’analisi dei bisogni delle persone, l’attenzione per i beneficiari dei servizi e la qualità degli stessi, ma che non si fanno perché le risorse sono drasticamente diminuite. È successo così con il piano sociale, si rischia di fare lo stesso con il PAC. C’è già chi propone di utilizzare le risorse del piano azione coesione solo per “alleviare” un po’ le sofferenze della cooperazione sociale.

Certo, le responsabilità maggiori sono di chi decide le politiche sociali a livello nazionale. L’idea di fondo che le pervade è che lo stato sociale è un lusso che la collettività non si può permettere: ci pensassero i singoli. Almeno chi può. E poi ci sono le responsabilità della Regione: con i suoi piani di rientro, rispetto agli enormi sforamenti della spesa pregressa. Enti locali e ambiti ricevono risorse con le quali riescono a malapena a tenere in piedi alcuni servizi essenziali. E i sindacati, per la terribile crisi, sono concentrati sui lavoratori che perdono il posto e sulle tutele da attivare nei loro confronti. Anche nel settore dei servizi sociali. Ma vogliamo parlare un po’ delle responsabilità del Terzo Settore? Gli altri soggetti hanno interesse a tenerlo diviso, ma cosa fanno le componenti del Terzo Settore per tenerlo coeso. La cooperazione va per fatti suoi. Il volontariato e la promozione si autorganizzano: grandi associazioni, reti nazionali, associazioni di secondo livello. Il volontariato è super rappresentato; al Terzo Settore, nel suo complesso, manca la rappresentanza. Non quella istituzionale, a livello nazionale, ma quella locale, quella quotidiana.

Tenere assieme volontariato, promozione sociale e cooperazione, significa tenere assieme promozione e protezione delle persone, soprattutto di quelle a maggior rischio di esclusione; significa tenere assieme chi offre servizi e prestazioni e chi ne usufruisce; significa garantire l’assistenza completa, materiale, ai non autosufficienti insieme all’assistenza “leggera”, più umana, per il soddisfacimento di bisogni che non possono essere definiti sbrigativamente secondari o superflui. Si farebbe toccare con mano a tutti che il denominatore comune delle tre anime del Terzo Settore, come recitano le carte dei valori di ogni associazione, è la valorizzazione delle attività e delle esperienze che i cittadini autonomamente organizzati attuano sul territorio per migliorare la qualità della vita, delle comunità, attraverso percorsi, anche innovativi, basati su equità, giustizia sociale, sussidiarietà e sviluppo sostenibile. Con questi obiettivi è nato quindici anni fa il Forum del Terzo Settore per volontà comune delle principali realtà associative della cooperazione, promozione sociale e volontariato. Il Forum in Campania vive, per le cose dette, una stagione assai travagliata; a Napoli ancora non è stato costituto. Il sostegno dei cittadini e delle loro associazioni a questo fondamentale strumento di rappresentanza darebbe un contributo importante per una sterzata nelle politiche sociali nella nostra regione e nella nostra città.  

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