L’istruzione riparte, e il precario resta al palo

Franco Buccino

(pubblicato da ScuolaOggi.org)

L’istruzione riparte, e il precario resta al palo. È stato il laconico commento del mio amico precario all’annuncio che il decreto sulla scuola, definito pomposamente dal governo “L’istruzione riparte”, era stato approvato dal Parlamento. Giudizio che conferma in pieno, sentendo le indiscrezioni che arrivano sui provvedimenti attuativi in preparazione. I decreti legge si fanno per provvedimenti urgenti, mentre il decreto sull’istruzione parla di una infinità di interventi: edilizia, dimensionamento, salute fumo educazione alimentare, borse di studio, libri di testo, wireless, orientamento, ecc. ecc. Con scarse coperture finanziarie, al più relative a un solo anno scolastico. Lui parla da insegnante precario di sostegno, ma con una buona visione d’assieme. La cosa più interessante di tutto il decreto, dice provocatoriamente, è la cancellazione del pagamento del contributo unificato per i genitori che chiedono al giudice ore di sostegno aggiuntive a favore dei figli diversamente abili. Non so se è rimasta o l’hanno tolta. Una cosa, invece, molto discutibile,  che è sicuramente rimasta,  è la ridistribuzione “più equilibrata” dei posti di sostegno fra tutte le regioni. Questo provvedimento penalizza il sud. Con una percentuale di posti più alta, in questi anni, abbiamo recuperato molti ragazzi in difficoltà, in contesti complicati. E poi, perché non distribuiamo tra nord e sud, contemporaneamente, in modo più equilibrato, il tempo pieno? Il tempo pieno, e comunque un tempo scuola maggiorato, farebbe ancora più bene del sostegno ai tanti svantaggiati dei nostri territori martoriati. E rafforzerebbe gli organici.

Il decreto prevede l’incremento di 27 mila posti dell’organico di diritto di sostegno: una buona notizia per alunni disabili, che hanno l’esigenza della continuità didattica. Una buona notizia anche per gli insegnanti precari, che aspirano al ruolo. Ma sarà veramente così? Non possiamo dimenticare che stanno per partire le riconversioni sul sostegno dei docenti di ruolo soprannumerari. Inoltre i Tfa (tirocini formativi attivi) e i Psa (percorsi abilitanti speciali) si concluderanno probabilmente con il “minicorso” di sostegno. Infine, in modo scandaloso, anche in presenza di folti elenchi di sostegno nelle graduatorie provinciali, le università sono ripartite con i bandi per corsi di sostegno, e sforneranno a breve un nuovo esercito di insegnanti forniti di tale titolo. Perfino a Napoli! Con la benedizione del Miur, che dovrebbe autorizzare corsi a seconda del fabbisogno. Il mio amico è molto pessimista e si è fatta una strana idea. Il governo e l’amministrazione scolastica, per eliminare i novantamila insegnanti di sostegno senza togliere il sostegno, potrebbero trasformare in breve tempo tutti gli insegnanti curricolari, precari e stabili, in insegnanti curricolari con il titolo di sostegno. Saranno tutti competenti i componenti del consiglio di classe. Senza deleghe a un unico insegnante a cui dare in carico il disabile, senza litigi se “fermarlo” o “portarlo avanti”, senza tribunali ai quali possono rivolgersi genitori esasperati. Sarà il trionfo dell’ipocrisia. Già oggi tra gli insegnanti di sostegno se ne trovano di poco motivati. L’hanno scelto non per vocazione, ma per interessi molto pratici. Figuriamoci cosa avverrà in seguito. Con la scomparsa dell’insegnante di sostegno si ridimensionerà anche l’integrazione dei disabili. Il risultato potrebbe essere perfino la loro espulsione dalle classi. O forse di nuovo le classi speciali, come da qualche parte avviene per i figli degli immigrati.

Si stabilizzeranno nel prossimo triennio anche 69 mila docenti e 16 mila Ata, personale amministrativo, tecnico e ausiliario. È una notizia che colpisce l’opinione pubblica per i grandi numeri. In realtà si tratta di cifre modeste. Se solo pensiamo al turn over che c’è o che dovrebbe esserci, considerando il carattere usurante di questa professione e l’età media dei docenti. I 69mila sono da spalmare su tre anni, e poi si debbono dividere a metà fra graduatorie ad esaurimento di precari e vincitori di concorsi. Quali concorsi? L’ultimo, che dovrebbe avere validità per un anno, o quelli del 2000 e precedenti, o saranno congelati i posti in attesa di nuovi concorsi? A conti fatti i docenti precari da assumere dalle graduatorie provinciali sono 35mila, in media 350 per provincia, 120 all’anno circa. Come se non bastasse, i nuovi assunti saranno, poi, tutti a costo zero. Cioè il governo ritiene che chi passa di ruolo può rimanere per anni senza scatti biennali e passaggi di “gradoni” o classi stipendiali. In realtà non si potrebbero lasciare senza gli aumenti di stipendio per anzianità neppure i docenti a tempo determinato. Eppure l’Amministrazione lo fa sistematicamente. Il mio amico sta al dodicesimo anno di lavoro, nove anni con l’incarico del Provveditore, sempre con lo stipendio iniziale, senza retribuzione nei mesi estivi, licenziato a fine giugno, riassunto a settembre. Neanche il peggior datore di lavoro privato si comporta così. Ma le responsabilità non sono solo del governo. Sono in molti a pensare che I precari della scuola siano un esercito smisurato che si ingrandisce sempre più. E non è così. In senso stretto i precari sono quelli inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e che hanno almeno tre anni di incarico nelle scuole pubbliche. La stabilizzazione la prevede un decreto UE, recepito dall’Italia, anche se il governo cerca poi di aggirarlo in ogni modo. Sono docenti laureati, in grandissima parte, e abilitati all’insegnamento, spesso idonei nei concorsi o specializzati nelle Sicsi (scuole interuniversitarie).

Non li potete costringere a frequentare ancora master e perfezionamenti in fameliche università, indifferentemente telematiche o pubbliche; non li potete sottoporre a prove e concorsi ulteriori dove si accerta non si sa quali competenze. Non li potete confondere, questo è il tragico equivoco, con quanti vogliono essere reclutati, con quanti ambiscono frequentare Tfa e Psa, con quanti hanno brevi esperienze di insegnamento, magari in scuole private, e aspettano il concorso “dove siamo tutti alla pari, e prevale il merito”. Non li lasciate nelle mani di spregiudicati uffici legali, che gli estorcono quel poco che guadagnano, per ricorsi d’ogni genere: la stabilizzazione, gli scatti d’anzianità, la soglia del 35 nel concorso, l’inserimento a pettine, i punti dell’abilitazione, per citarne solo qualcuno. O, peggio, non li lasciate nelle mani di procacciatori di facili invalidità e riserve o titoli falsi o certificati taroccati, disperati, per salire di qualche posizione in graduatoria, e cioè per lavorare. L’ingolfamento di figure precarie nel mondo della scuola è voluto da parecchi, alcuni molto interessati a gonfiarne il numero. La stabilizzazione dei precari, quelli veri, aiuterebbe di molto la scuola a funzionare e a realizzare le sue riforme. A cominciare da un reclutamento serio dei futuri insegnanti, non di quelli che nella scuola già ci stanno da dieci anni e oltre.

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