(Repubblica ed. Napoli 13 maggio 2015 pag.9)
Franco Buccino
Di questi tempi, si sa, la politica incontra tutti. Anche il Terzo Settore. Il candidato intelligente si adegua ai suoi interlocutori: a chi fa richieste promette; a chi vuole programmi espone progetti, strategie, piani. Le politiche sociali sono un argomento importante in campagna elettorale. Per motivi vari: intanto perché riguardano gran parte della popolazione, se non tutta; poi perché sono forse la materia più importante tra quelle affidate all’ente Regione; terzo perché sono il settore sul quale si sono accumulati i maggiori disagi e malumori per via della crisi e dei tagli allo stato sociale. In Campania ai tagli si sono aggiunte le misure per il rientro del debito, sempre sulla pelle dei cittadini.
L’altro giorno a un incontro tra politica e Terzo Settore si sono verificate le cose dette prima, e cioè un alternarsi di richieste anche specifiche e, insieme, di discorsi e impegni più generali, dalle politiche sociali in senso stretto alla qualità della vita, dai servizi alla persona alla cittadinanza attiva. Ma poi è successo un fatto nuovo, che merita di essere raccontato. Dopo gli interventi canonici e programmati, hanno chiesto di intervenire e sono intervenute persone che apparentemente portavano solo problematiche molto specifiche e drammatiche, ma che in realtà raccontavano un terzo settore meno idilliaco e coeso di quello che veniva presentato negli interventi precedenti. Soprattutto hanno parlato, riferendosi all’assistenza domiciliare di non autosufficienti, dell’assistito come di un “pacco che un giorno viene sollevato dal letto e qualche giorno dopo viene rimesso giù”. Coinvolgendo in un giudizio estremamente negativo l’ente locale e chi gestisce e realizza il servizio, e suscitando la naturale reazione sdegnata dei rappresentanti della cooperazione.
In realtà quello scontro metteva e mette in risalto due concezioni profondamente diverse, presenti nel Terzo Settore. Per la verità, detto per inciso, ce n’è anche una terza di concezioni, ampiamente minoritaria, che vede il Terzo Settore come strumento per sfruttare e saccheggiare le risorse del sociale: sono le tristemente famose mele marce, oggi alla ribalta. Ma qui si parla di due concezioni entrambe nobili e oneste. Ci sono quelli che pensano che gli altri vanno assistiti, aiutati, promossi. Che per loro vale la pena lavorare, essere volontari, arrivare a fare sacrifici. Che essi vanno difesi e per loro vanno richieste politiche sociali adeguate e coraggiose. Il punto debole è che parlano sempre di “altri”. E, in buona fede, pensano di poterli rappresentare, anzi di rappresentarli sempre. Se parliamo, per esempio, di “assistenza domiciliare”, li rappresentano dal tavolo di concertazione, dove si fanno l’analisi dei bisogni e le proposte, fino alla valutazione dei risultati, al giudizio sul servizio. È la concezione ampiamente prevalente nel Terzo Settore, quella che ispira scelte e comportamenti diffusi.
Ci sono però anche quelli che pensano che non ci siamo noi e gli altri, ci sono invece i cittadini, le persone, i titolari degli stessi diritti. Fino al non autosufficiente, al barbone, all’immigrato nel centro di prima accoglienza. Da ciò fanno tutto discendere. Nessuno può pensare di rappresentare gli altri o di sostituirli nella rappresentanza. Perché da qui deriva la democrazia, la partecipazione, la cittadinanza attiva, l’uso e il controllo dei beni comuni. Perciò nel Terzo settore si devono incontrare assistenti e assistiti, protezione e promozione, soci e volontari. La prima concezione è filantropica, solidaristica, la seconda è rivoluzionaria, tesa a cambiare la società e il suo ordine costituito. Chi parla per conto del Terzo Settore deve avere questa cultura e questa convinzione politica, superando il suo appartenere alla cooperazione o al volontariato o a un’associazione di cittadini.
Altrimenti negli incontri pubblici con i candidati ci sarà l’ordinario dialettico confronto tra gli oratori ufficiali del Terzo Settore e i rappresentanti politici, poi tutti ci commuoveremo e ci indigneremo a sentire alcune testimonianze dirette. Ma gli incontri elettorali di oggi, come quelli di domani ai tavoli di concertazione, saranno viziati dall’implicito accordo secondo il quale il politico continuerà, nell’interesse dei cittadini, ad appaltare servizi ad esponenti del Terzo Settore, e loro continueranno, nella presunzione di rappresentare tutto il Terzo Settore, ad offrire ai cittadini servizi, spesso sostitutivi, sempre a buon mercato. E i cittadini, soprattutto i più deboli, non avranno in realtà la possibilità di dire la loro e far valere i propri diritti.