Franco Buccino
La dispersione scolastica nella nostra città e nella nostra regione è un problema antico che mai è stato affrontato seriamente, neppure dai predecessori del ministro Bianchi.
Pensare di chiudere le scuole per così lunghi periodi non è stata colpa solo di De Luca, ma anche di Bianchi e dell’intero governo.
Soprattutto è stata colpa del Ministro e del suo dicastero non considerare che cosa poteva significare la Dad nei nostri territori, se non aumento esponenziale della dispersione scolastica e abbassamento della qualità dell’istruzione. Inutile che ce lo ripeta il Ministro o che ce lo mandi a dire dall’Invalsi.
Forse Bianchi, il suo ministero e il governo avrebbero dovuto mettere in atto ben altre azioni durante la pandemia. Dagli spazi alle attrezzature, ai laboratori, all’organico aggiuntivo, fino all’utilizzo dei pensionati della scuola, dichiaratisi disponibili a dare una mano.
Hanno pensato alla ripartenza, alla ripresa del paese, ma si sono dimenticati degli alunni, delle scuole, da cui invece occorreva ricominciare.
Aumentano i contagi e non sentiamo una parola. Speriamo di non dover sentire ipotesi di chiusure o di nuove Dad “solo per il tempo strettamente necessario”.
Mi dispiace dirlo, ma anche il Ministro Bianchi si è fermato alle apparenze: ha pensato che bastasse rendere la maturità più “seria” per rendere la scuola più seria. Ed è stato fortunato perché ha incrociato gli studenti in evidente stato di stanchezza e smobilitazione.
Si richiama al patto educativo del vescovo Battaglia: un po’ incautamente. Il vescovo di Napoli avvertiva l’urgenza già diversi mesi fa di “un Patto Educativo che coinvolga l’intera città metropolitana, abitandone ogni strada, dalle periferie al centro, senza escludere nessuno, mettendo insieme esperienze, ruoli, linguaggi e passioni differenti per dare vita ad un alfabeto comune dell’educare”.
Il ministro risponde con un Patto che sembra la riedizione di “Scuole Aperte” dello scorso anno. In cui già si parlava di comunità, cornice nazionale, divari territoriali. E di incontro di pubblico e privato: scuole e associazioni.
L’esperienza è stata fallimentare. Pochi giorni per accordi tra mondi che si conoscono poco. Era talmente problematico il coinvolgimento del personale scolastico in periodo estivo che da subito si è detto: “i progetti si avviano d’estate, ma si svolgeranno poi da settembre”. E per la esiguità delle risorse e la carenza di spazi attrezzati e funzionali perfino i volontari si sono trovati in serie difficoltà.
E questo soprattutto, di sicuro, nei nostri territori; non certo altrove, dove per motivi storici, culturali, ma anche economici, le città e i paesi già hanno un’autonoma tradizione di scuole aperte d’estate.
Forse ci vorrebbe qualcuno che nel governo contrattasse miliardi come si fa con il gas e la benzina. Anzi, ci vorrebbe un intero governo, un intero parlamento, che tenesse in maggiore considerazione l’istruzione delle ragazze e dei ragazzi. E, se è possibile, anche i divari territoriali!
Napoli, 5 Aprile 2022