Franco Buccino
REPUBBLICA ed. Napoli, 30 dic.2023
Dopo l’autonomia differenziata, ecco la filiera tecnologico-professionale. È a dire: dopo l’accentuazione delle differenze territoriali, si passa a quella delle differenze sociali!
Nostalgie ideologiche? Così sembrerebbe a sentire il ministro Valditara, entusiasta del suo disegno di legge, presentato senza alcun confronto con la comunità scolastica, a parte il parere (negativo) del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.
Sperimentazione negli istituti tecnici e professionali, ma non solo, di percorsi quadriennali, anziché quinquennali, arricchiti da contributi pubblici e privati, con la possibilità di frequentare due anni aggiuntivi: in buona sostanza il biennio degli ITS (Istruzione Tecnico Superiore).
In teoria è ribadita una bella idea: l’incontro tra istruzione e formazione professionale e il loro completamento negli ITS. Ma oltre alla “perdita” di un anno di scuola, cambiano tante cose. In particolare entra in gioco, per tempo, il “campus”, la rete. Gli istituti scolastici che aderiscono alla filiera, alla sperimentazione, possono stipulare accordi per integrare e ampliare l’offerta formativa con altri enti pubblici e privati. Anche prima del biennio conclusivo potremo avere il docente “aziendale” e le aziende potranno intervenire nella programmazione delle scuole, anche relativamente a curricoli e attività.
Da questi brevi accenni si intuisce che parliamo di una vera e propria rivoluzione della scuola di secondo grado che con la sirena del percorso quadriennale attirerà presumibilmente, in tempi di calo demografico, anche i più blasonati licei. È di fatto una riforma di sistema con la riduzione di un anno della secondaria che si apre alla privatizzazione e ad un nuovo reclutamento del personale a chiamata diretta degli esperti. “Si tratta, scrive la Flc Cgil, di un anticipo dell’autonomia differenziata, avviata in modo subdolo, che segna la fine del diritto all’istruzione uguale per tutti i cittadini del nostro Paese”.
Il ministro neanche si rende conto del vicolo cieco in cui porta la scuola, e delle conseguenze per il suo dicastero e per il governo Meloni.
Se pure “rinsavisse”, non credo cederà rispetto agli istituti professionali e ai loro studenti, i candidati naturali, i veri destinatari della sua riforma. Quelli che dopo le elementari frequentavano le scuole di avviamento professionale, e poi formazione professionale o istituti professionali triennali. Ricordo i miei primi anni di insegnamento nella scuola media unica, quando alla voce “orientamento” sulla pagella, la preside Clementina pretendeva che si scrivesse per loro: “si consiglia l’inserimento nel mondo del lavoro”. Quelli che ancora oggi, secondo l’Invalsi, al 60% non comprendono quello che leggono (?). Per loro sono sufficienti quattro anni di secondaria e nel secondo biennio è meglio specializzarli nelle operazioni che faranno in fabbrica. Almeno quelle, … ma sempre spostandosi al Centro-Nord!
Mi rendo conto di far torto a tanti imprenditori seri, a tante aziende che da anni riconoscono il valore dell’istruzione e della formazione e che dalle scuole le pretendono, il ministro no.
Nei prossimi giorni ci saranno le iscrizioni per il prossimo anno scolastico. Il rito delle iscrizioni, degli open days, delle pubblicazioni, dei video. Che le scuole si imbellettino è normale. Alunni e studenti diminuiscono: l’attuale governo, come i precedenti, non riesce a offrire una scuola più seria, una rete scolastica più adeguata alle esigenze degli studenti e del territorio. E non riesce neppure a risparmiare, insistendo caparbiamente su una scuola compressa da rigidità burocratiche, operazioni ripetitive sul personale, precariato incontrollato.
In piene vacanze natalizie, si sono svolte riunioni di collegi di docenti per aderire alla sperimentazione voluta da Valditara.
Speriamo che da quest’anno non si aggiunga ai cronici mali anche l’inganno verso gli studenti. Sarebbe il colpo di grazia per loro. E per il Paese!