Franco Buccino
845 cattedre in meno in organico di diritto, nella nostra regione, per la denatalità diffusa, non sembrerebbe un gran danno, considerando la capacità di recupero di posti attraverso l’organico di fatto, le deroghe sul sostegno, ecc. D’altra parte, il “facile” recupero potrebbe trarci in inganno, dandoci l’illusione di uno scampato pericolo.
In realtà la scuola si avvicina sempre più a un bivio. Una diramazione la porterà a continuare allo stesso modo fino a che, per evitare l’implosione del sistema, ci saranno tagli consistenti di personale per via di un reclutamento incontrollato, eliminazione di istituti contrattuali come la mobilità annuale, ecc. L’altra diramazione la porterà verso la piena applicazione dell’autonomia scolastica, che pur rendendo i docenti protagonisti del cambiamento, non esclude momenti molto dolorosi di tagli e ottimizzazioni.
Il docente tipo, d’istinto, è restio a cambiare, ad assumere il ruolo di protagonista, a costruire ed attuare la riforma. Si accontenta dell’esistente e, tragicamente, quasi non si rende conto di pagare, non meno dei ragazzi, un prezzo troppo alto: una retribuzione del tutto inadeguata, nessuna possibilità di carriera, scarsa considerazione da parte del datore di lavoro e della società. Il primo percorso, in apparenza il più comodo, in realtà è il più pericoloso. Come si può pensare di continuare a nominare ogni anno trecentomila incaricati annuali: non sempre gli stessi, non sempre sulle stesse cattedre? L’Amministrazione non li considera troppo, ma non può fare a meno di loro. E poi operazioni annuali di mobilità, che in pratica non finiscono mai, così come i concorsi a cattedre o a dirigente scolastico, con i relativi, insopportabili, carichi di contenzioso. Ancora: la rigidità dell’organizzazione scolastica, le supplenze temporanee, la carenza cronica di personale Ata, e poi quella di trasporti, mense, palestre, laboratori. Per quanto tempo ancora, continuando per questa via, potrà reggere il sistema scuola?
Sarà per questo che guardiamo speranzosi all’altra diramazione del bivio: la piena applicazione dell’autonomia scolastica! Con tutte le implicazioni che riguardano lo stato giuridico del personale e gli adeguamenti contrattuali. Autonomia piena sul versante gestionale e finanziario, con risorse sufficienti, sia per l’ordinaria amministrazione, sia per il riconoscimento del raggiungimento degli obiettivi fissati a inizio anno alla scuola e ai singoli operatori. Una maggiore articolazione della funzione docente con titolarità su singole materie d’insegnamento e anche su ambiti disciplinari, che permetta a ogni scuola una diversa e più ricca dotazione organica in grado di far fronte alle sue esigenze. Un orario potenziato per una quota di docenti, definita in sede contrattuale. La stessa revisione della singola unità scolastica e, di conseguenza, della rete territoriale. Il che permetterebbe, tra l’altro, finalmente un’articolazione della carriera docente e una vera dirigenza per il capo d’istituto.
Queste e/o altre scelte simili, non facili, forse non per tutti, ci permetterebbero di salvare la scuola pubblica, dando un contributo importante al futuro dei nostri ragazzi e del nostro paese.
Non c’è dubbio che la seconda è la strada da intraprendere al bivio, anzi da cominciare a
progettare da subito. Con grande determinazione.