Repubblica — 09 agosto 2001 pagina 1 sezione: NAPOLI
(Si sono svolti ieri, nella chiesa di Sant’ Antonio a Barra, i funerali di Cesare Radino, il ragazzo di quasi sedici anni ucciso con un colpo di pistola a San Giorgio a Cremano dopo una lite davanti a un pub. Il ragazzo nel ricordo di chi lo ha conosciuto a scuola)
L’ insegnante di Lettere non aveva voluto che il ripetente di Prima cambiasse classe e lasciasse il tempo prolungato. Pochi giorni per conoscersi e poi Cesare si ruppe una gamba. Tornò dopo un mese; non si rassegnò a trovare un ambiente tranquillo e regole alle quali perfino i ripetenti si adeguavano.
E cominciò la guerra di Radino, la guerra contro tutti, contro gli insegnanti, il preside, i bidelli. Contro i compagni no, almeno non contro quelli che riconoscevano il suo ruolo e il suo prestigio. Su quello si giocava tutto. Davanti ai suoi compagni diveniva violento, minacciava gli insegnanti, sfondava porte, prendeva spranghe.
In un contesto diverso Cesare era quasi “normale”: l’ insegnante di lettere, che gli dedicava ore aggiuntive di insegnamento, se lo portò qualche volta in giro per Barra e scoprì solo allora che Radino non aveva ancora dodici anni.
Poi gli eventi precipitarono: fermato dalle forze dell’ ordine, sospettato di far uso di droga, affidato ai servizi sociali e a un tutor, Radino e la scuola si lasciarono con una separazione consensuale. La scuola aveva esaurito il tempo che aveva a disposizione per formarlo e poi per recuperarlo, e aveva fallito.
Ci sono ragazzi così precoci per i quali i tempi distesi degli anni scolastici, innalzamenti d’ obbligo e quant’ altro, non servono a niente. La scuola si gioca tutto con i primi interventi, con terapie d’ urgenza, con scelte coraggiose, con una flessibilità estrema, con la continuità di personale all’ altezza della situazione, con la disponibilità immediata di risorse. A pensarci bene, è una scuola che ancora non c’ è, nonostante autonomia e pallide riforme, e che non ci sarà neppure per i prossimi anni.
Alla “Solimena” di Barra hanno fatto di tutto per Cesare, come avevano fatto di tutto per Giovanni, giustiziato un mattino di qualche anno fa sul suo ciclomotore davanti a un supermercato, mentre doveva trovarsi a scuola.
Ma la scuola fa di tutto per quelli che l’ accettano; quanti, invece, la rifiutano e la superano, essa ne prende notarilmente atto e li espelle consegnandoli ad altri. Non diversamente agiscono le altre istituzioni che dovrebbero avere a cuore il destino dei ragazzi.
Radino è stato consegnato a chi adulto lo considerava alla pari, a chi usava e strumentalizzava la sua precocità. Che Cesare camuffava così bene che non se ne è accorto neppure chi l’ altra sera con un colpo di pistola gli ha squarciato l’ addome. Sulla tomba per lui potremmo scrivere, ad ammonimento dei ragazzi e degli educatori: «Fece esperienza precoce di tutto, perfino della morte». FRANCO BUCCINO