Franco Buccino*
Repubblica ed. Napoli, 25 nov. 2004
Si sta parlando molto in questi giorni dell’emergenza criminalità a Napoli e in Campania: ne parlano i media e gli esperti, ne parla il governo, il parlamento, il presidente della repubblica. Essere al centro dell’attenzione può far piacere o dar fastidio: in ogni caso speriamo che duri poco. Tra un morto ammazzato e l’altro il tran-tran di tutti i giorni, i disagi e i problemi quotidiani, gli atti di microdelinquenza che non fanno più notizia, gli episodi infiniti di una illegalità che è diffusa nei quartieri a rischio, ma che non risparmia ormai nessuna zona della città e della regione. Iniziative e interventi sulla criminalità competono al governo e alle altre istituzioni, iniziative e interventi a sostegno della legalità competono a tutti. Alla scuola innanzitutto.
Sono d’accordo, con alcune precisazioni però. La scuola può dare un contributo eccezionale e determinante se le si fa fare ciò per cui esiste, senza sovraccaricarla di compiti impropri; se la si mette nelle condizioni migliori per svolgere la sua funzione; se si respira al suo interno un clima di legalità. Tali condizioni valgono non solo per le scuole collocate in zone difficili e degradate, ma per tutte le scuole; per la verità forse valgono per tutti i servizi, pubblici e privati: anche in una struttura sanitaria ci aspettiamo la qualità delle prestazioni, l’adeguata organizzazione e dotazione, la legalità intesa come sicurezza delle strutture e trasparenza nei comportamenti delle persone. La legalità nella scuola è la battaglia più importante; la scuola per moltissimi ragazzi è la prima palestra, per qualcuno anche l’ultima, di convivenza e di democrazia: regole, diritti e doveri, riconoscimenti e biasimi, socializzazione delle diversità. La legalità investe anche il comportamento di quanti nella scuola operano: la pulizia delle aule e dei servizi igienici, l’impegno professionale e la disponibilità, l’attenzione ad evitare le ingiustizie e i particolarismi, il rispetto e la garanzia del diritto all’istruzione.
Insieme con la pratica della democrazia c’è l’istruzione, che è lo specifico della scuola, anche nell’educazione alla legalità. Chi potrebbe pensare di educare alla convivenza civile, di formare il cittadino senza la storia, le scienze, l’arte e la letteratura, la tecnologia e la filosofia? Si esagera un po’ con le ‘educazioni’ trasversali, soprattutto quelle più alla moda; si esagera un po’ con quegli affidamenti alle scuole di compiti che la società civile e le istituzioni non sanno svolgere. Per non parlare poi della Moratti con le sue ‘educazioni’ e il conseguente risparmio sul tempo scuola. Anche i ‘progetti’ stanno contribuendo, spesso negativamente, a cambiare i connotati delle scuole e a sottrarre risorse, tempo e professionalità all’attività cosiddetta curricolare, anche perché conservano un carattere sempre aggiuntivo e spesso introducono nelle scuole persone e agenzie che mirano innanzitutto ai loro interessi. C’è una responsabilità morale e oggettiva di chi tali progetti finanzia; ci sono rappresentanti delle istituzioni ai quali a volte sfugge l’attività ordinaria che nelle scuole si svolge. Progetti, che pure vanno per la maggiore, finanziati generosamente, sotto gli occhi delle telecamere a rappresentare la scuola napoletana a ogni recrudescenza della criminalità, sono lontani anni luce dalla realtà delle scuole di Napoli e della Campania: sono belli, interessanti e affascinanti, ma per niente esportabili e generalizzabili. Perché il vero problema delle scuole nella nostra regione sono le risorse che calano a vista d’occhio: risorse umane ed economiche.
Se qualcuno decidesse di ridurre le forze dell’ordine in Campania, ci sarebbe una rivolta generale; si stanno riducendo da anni gli organici delle nostre scuole, i docenti, i bidelli, nell’indifferenza e nella rassegnazione generale. Perché il vero problema delle scuole a Napoli e in Campania, nonostante gli sforzi degli ultimi anni, rimangono le strutture inadeguate, gli edifici in maggioranza non a norma di sicurezza, l’esiguità di palestre e laboratori, strumenti didattici spesso obsoleti. Perché il vero problema delle scuole a Napoli e in Campania è quello di avere troppo pochi partner con i quali interloquire: poche associazioni, polisportive, cinema e teatri, biblioteche, oratori. Con chi dobbiamo farlo il sistema integrato? Con la formazione professionale che non c’è, o che c’è per pagare i sussidi ai disoccupati? Con le scuole private che in maggioranza o sono diplomifici o intrattengono i ragazzi in attesa dei ‘pulmini’ che li prelevano? Discorsi questi, come dicevo che valgono per tutte le scuole, ma in particolare per quelle collocate nelle aree maggiormente a rischio, prioritariamente a rischio, per quelle da cui da non molto tempo sono usciti tanti dei ragazzi e giovani, protagonisti di episodi di criminalità, micro e non. Queste scuole per prime, e poi tutte le altre, devono avere strutture, risorse e organici adeguati ai compiti ai quali sono chiamate; nelle aree in cui esse sono collocate, e poi in tutta la regione, ci devono essere complete sinergie tra quanti si interessano dei ragazzi e del loro malessere.
Non è possibile che tante istituzioni si interessino nelle stesse zone degli stessi ragazzi senza incontrarsi mai. E, per favore, i protocolli d’intesa fateli firmare alle singole scuole coinvolte: esse non delegano nessuna autorità a farlo per loro.
A queste condizioni le scuole di Napoli e della Campania possono accettare la sfida per la legalità, per niente di meno. Con buona pace di chi pensava di cavarsela con un generico affido alla scuola dell”educazione’ di turno.
*(segretario regionale Flc-Cgil)