F. Buccino
Repubblica ed. Napoli, 23 giugno 2006
Ora che la Iervolino ha fatto la giunta, e tutte le analisi del voto sono state archiviate, consentite di tornare sulla società civile anche a me, cui è capitato di mettere in guardia da quanti si autoproclamano i rappresentanti ufficiali di essa e sperano di trovare in tal modo la scorciatoia alla vita politica. Questo lo ripeterò sempre, e quando i “movimenti” alle elezioni fanno un fiasco clamoroso (molto spesso), e quando riportano un successo strepitoso (qualche volta). Ma allora politica e società civile non s’ incontrano mai? Diciamo che, come corpi celesti, nelle loro orbite fanno un lungo percorso fianco a fianco, poi si allontanano per un breve tempo per ricongiungersi subito dopo, e così via. Si allontanano nel periodo elettorale, proprio quando qualcuno si accanisce a cercare di metterle insieme in modo innaturale. Nel periodo elettorale la società civile si mette di fronte ai partiti, ne esamina i programmi, ascolta, vede e osserva i candidati. Perché è il momento della politica. Ma dal giorno dopo le elezioni, la società civile riprende un ruolo attivo di rappresentanza dell’ intera società, insieme con la politica, in un confronto dialettico di discussione e di iniziativa. Quando si arriva alla successiva campagna elettorale pochi si rendono conto di quanto essa abbia contribuito alla stesura dei programmi e all’ individuazione dei candidati che i partiti credono di scegliere in autonomia. Certo, tanto più è determinante quanto più è stata attiva. Perché la società civile è quella parte della società che si fa sentire, che prende la parola, che è capace di diventare in un niente protagonista, soppiantando perfino le forze politiche più popolari. Sono singoli cittadini, piccoli gruppi, comunità e associazioni, laiche e religiose, persone istruite, professionisti, ma anche persone animate dalla loro volontà, volontari appunto. Alle elezioni amministrative di Napoli la società civile non è stata sconfitta insieme con chi impropriamente la voleva rappresentare. Speriamo che i nostri politici, a cominciare dal sindaco, lo capiscano e ne tengano conto nella loro azione. Rinunciando al potere inteso come spartizione e occupazione dei posti: non dei posti destinati a loro, ma di tutti gli altri che essi devono solo assegnare. Rinunciando all’ arroganza di chi ha tutti gli strumenti e i privilegi per prevaricare su inermi cittadini e speculare sui loro bisogni. Rinunciando all’ ipocrisia e alla demagogia di chi si presenta sui luoghi dove si consumano drammi di vario genere un attimo dopo le telecamere e mai prima che essi avvengano. Ma figuriamoci se i politici hanno bisogno di consigli. La società civile sì: di consigli, di incoraggiamenti e di spinte. Se parte, vince le sue battaglie, tutte. Deve avere consapevolezza delle sue potenzialità, deve organizzarsi, deve essere sostenuta e tenuta in considerazione dai poteri, compreso il quarto. Due sono i campi nei quali può e deve intervenire: uno potremmo chiamarlo genericamente il territorio, la qualità della vita e i cittadini; l’ altro invece è quello che si articola in tanti settori specifici e specialistici, come la scuola e la sanità, e gli utenti dei servizi. Nel primo gli esponenti della società civile sono i portavoce dei cittadini, nel secondo sono gli esperti; in entrambi i casi essi sono i cittadini stessi, senza però i velleitarismi, le esasperazioni, le rassegnazioni, la scarsa conoscenza e i limiti della gente. A pensarci bene, quello che c’ è stato di bello nella nostra città qualche anno fa, che ha stupito l’ Europa, è nato dalla sinergia di chi ha preso provvedimenti importanti, ha governato, costruito, arredato e valorizzato parti della città, insieme con chi ha diffuso e fatto crescere cultura e coscienza civile: le proprie.