QUEL RECORD NERO DELLA SCUOLA

Franco Buccino

Avevamo protestato perché non accadesse. Ne avevamo fatto una questione di ordine pubblico, di sicurezza degli edifici, di lotta alla dispersione, di recupero sociale, di legalità. Tutto inutile. Le tabelle dei tagli agli organici per il prossimo anno ci collocano ancora una volta al primo posto. Cinquemilaseicentoquarantacinque posti in meno in Campania su 37.101 persi a livello nazionale. E siamo solo al primo capitolo, quello dei docenti. Poi verranno i tagli degli ata, amministrativi tecnici collaboratori, sui quali la scure è più pesante. In questo momento discutere di cose importanti, il destino della cattedra di lettere nelle medie, la sola ora di arte nei licei, le ore settimanali nei professionali ridotte a 32, i recuperi di fine anno, il voto in condotta e l’ ammissione agli esami, è come ballare sul ponte del Titanic che affonda. Del prossimo incredibile taglio nella scuola pubblica della Campania si accorgeranno tutti, perfino quelli che dalla scuola non si aspettano niente. E forse si collegherà qualche emergenza sociale, qualche ritardo nello sviluppo economico, alle politiche scolastiche dissennate di questi anni. I ragazzi avranno meno materie, usciranno prima da scuola. I posti di insegnamento “regionali” resteranno precari e le “scuole aperte” nel pomeriggio saranno al solito semideserte. Torneranno in auge le ripetizioni. Le scuole private faranno concorrenza alle scuole pubbliche. Tutto avverrà nel segno della selezione sociale: pagheranno i poveri, i deboli, gli handicappati, quanti abitano zone disagiate. Alcuni di noi, nella quotidiana guerra contro le politiche che stanno minando il sistema dell’ istruzione pubblica nella nostra regione e nel sud, siamo costretti a fare confronti con altri territori. E molti non ce lo perdonano. Perché sembra che vogliamo insinuare che questa politica aberrante contro l’ istruzione salva qualcuno a discapito di altri. Ma come facciamo a convincere che non si possono fare tagli uguali in realtà disuguali? Proprio sui numeri i conti non tornano: se prendiamo il rapporto tra numero di alunni e posto intero di docente, scopriamo che, per avere lo stesso rapporto che c’ è in Lombardia, noi dovremmo avere 2500 posti in più. E per raggiungere lo stesso del Piemonte servirebbero 6000 docenti in più. Poi dovremmo sapere se ci toccano posti in più secondo i misteriosi parametri sociali e ambientali. Ma oggi ci accontenteremmo di meno tagli. Perdoneremmo alla Gelmini gli errori che fa nel conteggio dei posti dei precari, e anche lo sfogo gratuito contro i presidi politicizzati e di sinistra, solo perché dicono ad alta voce che le scuole non hanno una lira. Le faremmo notare che dire alle scuole di fare economia può sembrare provocatorio. Saremmo d’ accordo a studiare assieme una distribuzione dell’ organico all’ interno dei territori più equilibrata, senza sprechi, senza furbate; a valutare l’ introduzione di quote di organico funzionale per tutte le esigenze delle scuole; a rivedere profili, compiti, carriere. Possibilmente con il contratto di lavoro, e non per decreto.

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