L’educazione permanente

Franco Buccino

Prima di smantellare definitivamente il sistema dell’ istruzione pubblica, chiudere le scuole, mandare a casa i docenti precari o utilizzarli in lavori socialmente utili, sarebbe il caso che il governo e la Gelmini si interessassero un po’ di più dell’ educazione permanente, detta pure ricorrente, per tutta la vita, o, più semplicemente, educazione degli adulti. Molte persone rimangono nel mondo dell’ istruzione i primi venti anni della loro vita, parecchi i primi venticinque e passa: asilo, scuola, università. Nei successivi trenta, quaranta anni, gli anni dell’ attività lavorativa, i rapporti con l’ istruzione si diradano, a parte formazione professionale, aggiornamento, riconversione; solo una fetta li mantiene, nel tempo sbrigativamente definito libero. Ma il segmento più importante e consistente per l’ educazione permanente è rappresentato dagli anziani, cioè dalle persone dai sessant’ anni circa, quando si lascia il lavoro, in poi. Per altri venti, venticinque anni, mediamente. Non c’ è da stupirsi se, quando nei giorni scorsi Epifanie De Mauro hanno avviato una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare sull’ educazione permanente, i più interessati si siano mostrati gli anziani, e tra loro soprattutto quanti sostengono l’ invecchiamento attivo. Anziani protagonisti, che non si rassegnano a vedere se stessi e i loro coetanei davanti a una televisione, pubblicao privata che sia, sempre più diseducativa. Anziani alla ricerca di uno stile di vita sanoe corretto, che hanno bisogno, e come, dell’ istruzione. I traguardi, anche quelli culturali, devono essere disseminati lungo tutto l’ arco della vita. E i diritti delle persone rimangono gli stessi a prescindere dal colore dei capelli. Ma accanto ai diritti individuali ci sono le esigenze sociali. Anziani più attivi e istruiti sono una grande risorsa per un paese civile, possono perfino tornare ad essere modelli d’ esempio. Anziani attivi possono essere sussidiarii in tanti compiti, soprattutto nelle iniziative di solidarietà, o perfino sostitutivi in compiti che le istituzioni pubbliche non riescono a garantire, come la sorveglianza in un parco pubblico o in una biblioteca. Anziani istruiti e consapevoli fanno risparmiare soldi alle casse dello stato, alle Asl in primo luogo, sono disponibili a screening, ricerche, sperimentazioni. Tornando all’ educazione permanente, l’ ingresso massiccio degli anziani nel sistema impone non solo profonde revisioni all’ organizzazione delle attività didattiche e ai loro contenuti, ma mette in discussione il concetto stesso di trasmissione delle conoscenze. Mentre il percorso di studio del ragazzo comincia da ambiti generali e indistinti per poi passare alle materie o discipline, in modo sempre più specifico e specialistico, fino al diploma e alla laurea, per l’ anziano c’ è il percorso opposto: comincia dal suo titolo di studio, dalle sue competenze e dalla sua esperienza lavorativa, per allargarsi di nuovo a temi di cultura generale. Si libera pian piano dall’ interesse particolare per arrivare al disinteresse totale. È un percorso alla rovescia che ci riporta a un denominatore comune: possiamo costruire per alcune età uno stesso curricolo. Ancora, è possibile con gli anziani sperimentare un processo di apprendimento in cui non solo c’ è un ruolo attivo paritario del docente e del discente, ma soprattutto un processo centrato sulla produzione delle conoscenze.

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