Oltre l’emergenza estate

Le variazioni climatiche e l’invecchiamento della popolazione: le sfide del terzo millennio.

Franco Buccino

Giugno è stato il mese più caldo degli ultimi 150 anni. A fine estate sapremo anche di quanto è aumentato, rispetto alla media, il numero dei morti fra gli anziani. Saranno forse più degli oltre diecimila della terribile estate 2003.

Eppure in questi anni è cresciuta di molto la consapevolezza dei rischi che si corrono, così come si è sviluppata una comunicazione capillare in tutto il territorio nazionale. Le giornate e le ore più calde, le persone a maggior rischio, quando uscire, quanto bere, cosa mangiare: saprebbe rispondere anche un ragazzo. Inoltre in maniera sempre più organizzata viene affrontata l’emergenza estate dalle associazioni di volontariato. Come l’Auser con la sua consueta campagna “Aperti per ferie”. Quest’estate a Napoli intensificano la loro attività a favore degli anziani e delle persone con disabilità le Agenzie di cittadinanza, reti associative presenti in ogni quartiere.

C’è qualcosa che non quadra se le cose che dovrebbero andar meglio in realtà vanno peggio. Approfondendo la questione, si trovano spiegazioni interessanti e sorprendenti: alcune più generali ed altre più specifiche.

La prima è il riscaldamento del pianeta e le conseguenti variazioni climatiche, sintomi del collasso ambientale della terra. Ghiacciai che si sciolgono, mareggiate, alluvioni, processi di desertificazione e carenza idrica. Estati con picchi di caldo sempre più frequenti. Un’emergenza che diventa sempre più normalità, ma che non giustifica l’indifferenza e, qualche volta, l’irrisione degli stati.

La seconda è l’aumento degli anziani e le conseguenti variazioni demografiche. Ciò vuol dire, per esempio, che il numero delle persone a rischio per le ondate di caldo anomalo aumenta in modo impressionante. Pensiamo agli over 75 e a regioni come la Liguria. E dove gli anziani sono di meno, spesso, come in Campania, hanno una qualità della vita peggiore. Per una serie di fattori concomitanti, sono più esposti al rischio caldo. Non dimentichiamo che, rispetto alla media nazionale, vivono già due anni in meno gli anziani di Napoli e della Campania!

Il mutamento strutturale del clima è destinato a incidere sempre più pesantemente nella vita quotidiana, così come inciderà sempre più la variazione demografica con gli anziani over 65 che nel giro di pochi anni saranno uno su tre nella popolazione italiana. L’abbinamento di questi due fattori ci impone di uscir fuori da una logica fondata sulla contingenza. Non basta più predisporre piani per l’emergenza caldo a favore di anziani, bambini, ammalati, ma occorre mettere al centro gli anziani e le loro fragilità, non solo delle politiche sociosanitarie, ma anche di quelle urbanistiche (edilizia, trasporti, verde, spazi pubblici, qualità dell’aria, ecc.).

Insomma, la qualità dell’ambiente e la salvaguardia del territorio e, insieme, l’invecchiamento della popolazione impongono modelli di prevenzione ben più radicali, che devono investire la stessa organizzazione della città.

A Napoli e in Campania avremmo un po’ di tempo in più prima che si intensifichino fenomeni legati alle variazioni climatiche e prima che la popolazione anziana assuma le dimensioni di altre regioni. Ma è un tempo sempre più ridotto e il vantaggio sempre più esiguo. E da noi non solo non si affronta la questione prevenzione nelle sue articolazioni e complessità, ma spesso si sta proprio fuori strada o, peggio, si torna indietro.

Se solo ci fermiamo all’estate e alle sue emergenze, constatiamo che nella nostra città e nella nostra regione dal punto di vista sanitario stiamo in grossa difficoltà per ospedali, pronto soccorso, posti letto, strutture alternative sul territorio. Sul piano sociale, ci sono e ci saranno le associazioni. Sì, ma da sole. E il loro, si sa, è un ruolo sussidiario, da assistenza leggera, che arriva solo a una parte della popolazione anziana e fragile. Non mancano poi le emergenze ambientali come gli incendi, ed altre un po’ camuffate d’estate come inquinamento dell’aria e dell’acqua. Per non parlare, infine, delle terre dei fuochi.

Eppure, il nostro futuro è tutto scritto nella crisi ambientale e in quella demografica, nella fragilità territoriale e in quella sociale. Occorrono ora scelte radicali e responsabili. Non facciamo diventare i nostri anni la breve estate della cicala.

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