Promemoria per la scuola

Franco Buccino

(Repubblica ed. Napoli, 17 febbraio 2021)

Buoni e cattivi: ricordate? Un antico esercizio, nella scuola e fuori. Discutibile, già per gli alunni più piccoli: a chi l’incarico alla lavagna, la discrezionalità, la prepotenza, il timore, gli errori di valutazione. Ci sarebbe voluto e ci vorrebbe il VAR!

Era sembrato a molti, quasi a tutti, che per la pandemia da marzo scorso a oggi ci fossero grossi problemi per tutti gli alunni e studenti, dall’infanzia all’università. I percorsi di apprendimento a volte interrotti, più spesso a fasi alterne. Nonostante la didattica a distanza. Che spesso non copre tutto l’orario, non coinvolge tutti, in particolare gli alunni a rischio. E soprattutto che niente può rispetto a un’esigenza fondamentale dei ragazzi: la socializzazione, il contesto nel quale istruzione e formazione si realizzano.

Sono nati e si sono sviluppati gruppi e movimenti di genitori e poi di studenti, che hanno protestato e protestano per ottenere la scuola in presenza: gli zaini per terra fuori alla scuola; i flash mob in piazza. Movimenti che hanno “convertito” sindaci, assessori e ministri. Solo in teoria. In pratica le scuole più spesso sono rimaste chiuse. C’è stato sempre un motivo valido per tenerle chiuse. L’ha deciso il governo, e, se non il governo, De Luca; e di recente la palla è passata a sindaci intimiditi da possibili focolai. Soprattutto nella nostra regione. La Campania ha conquistato un altro non invidiabile primato: la regione con il minor numero di giorni di scuola (in presenza), dopo aver detenuto per anni il record dell’evasione, dell’abbandono e della dispersione scolastica.

E comunque siamo rassegnati, in molti, a vedere un anno scolastico che si conclude come il precedente. Per le difficoltà oggettive, per la contrapposizione delle posizioni, e per tanto validi motivi. Rassegnati sì, ma a condizione che si voglia e si debba recuperare, appena la pandemia ce lo consente, con un piano, adeguato per opportunità didattiche ed educative, straordinario per impegno finanziario.

A Draghi e ai suoi è venuta l’infelice idea di proporre le lezioni fino alla fine di giugno: idea tra l’altro quasi impossibile. Tanto è bastato per suscitare le più unanimi reazioni negative da un mondo della scuola con ritrovata compattezza. Non solo per la scarsa praticabilità della proposta, ma perché, all’improvviso, come d’incanto, la didattica a distanza è uno strumento utile, tale esperienza ha coinvolto tutto il corpo docente, anzi i docenti anche in questo periodo hanno svolto tutti i loro compiti e anche di più. Ho letto dichiarazioni, in tal senso, firmate “in fede” da colleghi che conosco bene per il loro impegno. Un po’ azzardato firmarle anche per nome e per conto di tutti i loro colleghi.

Speriamo che la scuola riprenda a settembre senza pandemia. Di sicuro avrà i problemi di sempre. Aule, docenti, trasporti, ecc. Se aspettiamo che qualcuno ce li risolva prima, significa che non vogliamo riprendere. Diamoci invece alcuni obiettivi praticabili. È ripreso il concorso per docenti: li porti  a settembre, l’Amministrazione scolastica, sulle cattedre e su posti per attività di studio aggiuntive e complementari. Prepariamo un orario definitivo dal primo giorno. E soprattutto da subito cominciamo, i collegi dei docenti, sentendo anche studenti e genitori, a programmare le attività per il prossimo anno, provando a recuperare quel che si è perso per strada.

Nonostante tutto. Per i nostri studenti e per i nostri figli val la pena di farlo. E così cancelliamo quei nomi alla lavagna che nel corso dei mesi sono passati, come trottole, dall’elenco dei buoni a quello dei cattivi, e viceversa.

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