La panacea di tutti i mali

Franco Buccino

Repubblica ed. Napoli, 14 nov. 2006

In questo periodo di sovraesposizione mediatica sono sotto osservazione tutti i problemi di Napoli, e si sprecano analisi e ricette. Arrivano Prodi e i suoi ministri, tanti esperti e poliziotti

Arrivano i nostri, insomma, a liberarci. C´è però qualcosa che non convince. Come il costante richiamo alla scuola, alla sua alta funzione educativa sul versante della legalità. Intanto, c´è da dire che alunni e scuole sono spesso vittime e parte lesa delle violenze: atti vandalici, furti e assalti alle scuole, studenti rapinati e perfino uccisi, ragazzi socialmente più a rischio reclutati dalla malavita. Le scuole devono essere tutelate e difese come i commercianti costretti a pagare il pizzo, come gli autobus dell´Atm che cambiano percorso, come gli ignari turisti che scendono dalle navi da crociera. Soprattutto, le scuole devono essere messe in condizione di funzionare, al meglio.
Solo in momenti di riflettori puntati come questo, si scopre l´incredibile livello di dispersione scolastica a Napoli o che da noi solo l´1 per cento delle scuole è a tempo pieno a fronte dell´80 per cento delle scuole di Milano o di Bologna: e non si ha neanche il buon senso di mettere in relazione i due dati. Il tempo scuola striminzito è forse causa di dispersione ancora maggiore di miseria e malavita. Tempo scuola ridotto significa meno organico e costi più contenuti per lo Stato. E così si viene a sapere che un alunno di Napoli costa meno di uno di Milano o Varese, sfatando i più logori luoghi comuni. Sarebbe facile risolvere il problema: bisognerebbe dare più organico alle scuole di Napoli e della Campania, dotarle di strutture, attrezzature e sussidi adeguati, pretendere da esse tempi distesi e un´offerta formativa ricca, sperimentare forme serie di percorsi integrati scuola-istruzione professionale con piena titolarità della scuola, creare più centri territoriali per l´educazione degli adulti. E invece non se ne fa niente: si preferisce spendere cifre di tutto rispetto per progetti d´ogni genere, sempre aggiuntivi, che di norma arricchiscono floride agenzie formative, danno qualche occasione di lavoro precario a disoccupati intellettuali, ma a stento raggiungono le scuole nella loro programmazione, difficilmente raggiungono i destinatari, cioè i ragazzi. Questo il ministro non lo sa, o forse ha dei cattivi consiglieri: non stupirebbe se nei prossimi giorni venisse a riproporci acchiappalunni e scuole aperte il pomeriggio come panacea di tutti i mali.
Medice, cura te ipsum risponderebbe risentito chi sa che proprio i sindacati della scuola in Campania hanno a disposizione per la contrattazione nelle aree a rischio oltre dieci milioni di euro all´anno, che non sanno spendere. È vero: dal 1999 c´è un istituto contrattuale che destina soldi del contratto, cioè soldi dei lavoratori della scuola, a progetti delle scuole collocate in aree a rischio e a forte processo immigratorio. Ma l´istituto prevede pure interventi dell´amministrazione per dare benefici a queste scuole, come organico in più e riduzione del numero di alunni per classe, e soprattutto prevede il coordinamento con tutte le istituzioni che s´interessano degli stessi ragazzi nelle stesse zone: servizi sociali, Asl, tribunali dei minori. E invece le scuole delle aree a rischio continuano a essere lasciate sole: e dall´amministrazione scolastica e dalle altre istituzioni. In tal modo i loro progetti, quelli pensati dal contratto come input di più ampie iniziative, diventano del tutto simili agli altri, si riducono a semplici progetti. Con l´aggravante che non si capisce perché, per motivi di budget, una scuola di Scampia si vede finanziare il progetto e quella a fianco no. Questa è la nostra difficoltà. Occorre, allora, rilanciare l´istituto delle aree a rischio in tutte le sue articolazioni, sapendo che se i lavoratori della scuola ci mettono soldi e competenza, lo stesso dovrebbero fare tutti gli altri soggetti.
Ma perché le scuole, oltre a funzionare bene, riescano a svolgere la missione alla quale sono chiamate, occorre un´altra cosa che nessuno ci può dare dall´esterno, e cioè un clima di impegno civile, di laboriosità sociale, di valori meno effimeri delle Notti bianche pure utili, un clima che condiziona chi amministra la città e ne viene condizionato: e non solo la Iervolino, ma anche i drappelli di vigili delle periferie che non possono non vedere gli abusi edilizi, non solo Bassolino ma anche i dirigenti della Regione che scrivono i bandi pubblici su misura per qualcuno, non solo Bottino ma anche alcuni presidi e docenti che s´impegnano sui progetti europei e trascurano la scuola del mattino. Quando la classe politica, gli amministratori locali, i rappresentanti delle istituzioni, insieme con quanti lavorano nella pubblica amministrazione, entreranno in simbiosi con una società civile rimotivata e riusciranno a parlare efficacemente ai cittadini, allora tutti insieme, e le scuole con loro, salveranno Napoli.

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