Franco Buccino
Repubblica ed. Napoli, 11 sett. 2007
Prima che ci inondino gli istituzionali e rituali auguri di buon anno scolastico, vorrei presentare due categorie di alunni che hanno bisogno per il prossimo anno, ancora più degli altri, non solo degli auguri ma anche di iniziative concrete: gli alunni diversamente abili, una volta detti handicappati, e gli alunni “dispersi”, che nelle scuole appaiono e poi scompaiono.
Oggi comincio con i diversamente abili. Forse non tutti sanno che l’ Italia, così spesso fanalino di coda nel settore dell’ istruzione, a livello internazionale è tra i pochi paesi che pratica l’ integrazione degli alunni diversamente abili nelle classi comuni delle scuole. Da trent’ anni esatti. La realizza fin dall’ inizio con la presenza degli insegnanti appositamente addestrati, che sono di sostegno all’ alunno disabile e all’ intera classe per un numero di ore che varia in rapporto alla gravità dell’ alunno, e con la disponibilità e la dedizione di tutti i docenti e di tutto il personale della scuola. Ricordo sempre Tania, la mia prima alunna handicappata: il disorientamento di una parte dei docenti, il malumore di molti genitori, l’ affetto di tutti i compagni. Le ultime notizie che ho avuto di lei risalgono a una tappa importante di una vita normale: si era sposata e aveva avuto un figlio. Le storie di integrazione scolastica non sono tutte a lieto fine, anzi: l’ integrazione incontra tante difficoltà, le più comuni sono la mancanza di continuità didattica e le poche ore di presenza dell’ insegnante di sostegno, ma le più serie e insormontabili rimangono atteggiamenti culturali di chi anche all’ interno della scuola ritiene questi ragazzi non diversamente abili ma irrecuperabili e di ostacolo all’ apprendimento degli altri, e, più in generale, il fatto che gli anni trascorsi a scuola non sono che una breve parentesi in una vita sociale di esclusione e limitazioni. A Napoli e in Campania, come altrove, si è realizzata una integrazione dignitosa degli alunni diversamente abili. Con una specificità. Il sostegno per alunni lievemente handicappati, ma con grossi problemi di disadattamento, per alunni con disturbi modesti, ma enfatizzati da un contesto socioeconomico degradato, è stata spesso la carta vincente per recuperarli e salvarli da un triste destino annunciato. Ha permesso alle scuole, in assenza di risorse, di strutture, di tempo pieno, di poter accogliere e mantenere al proprio interno, ragazzi destinati all’ esclusione. è un’ opera di grande impegno civile e sociale, non una furbata. Devo dire che i governi in questi lunghi anni di integrazione sono stati attenti e disponibili. Fino a quando non si è cominciato a parlare anche per la scuola di risparmi della spesa e di tagli agli organici. Da allora non si è avuto più riguardo per gli alunni diversamente abili, con un crescendo di iniziative da parte dell’ amministrazione scolastica, nonostante la resistenza delle famiglie, delle associazioni e, spesso, delle scuole. Si è cominciato con il determinare in modo rigido il numero degli insegnanti di sostegno in relazione al numero complessivo degli alunni e non al numero degli alunni diversamente abili; successivamente è stato deciso che i posti di insegnanti di sostegno necessari li istituisse l’ amministrazione nell’ ambito di un tetto prefissato e non le singole scuole sulla base delle esigenze documentate e dimostrate. Non si sono fermati qui, ma in considerazione del fatto che non si realizzavano i risparmi sperati, hanno pensato di intervenire su chi certifica l’ handicap, complicando l’ iter delle visite, con l’ intento di dissuadere genitori che per i loro figli diversamente abili vogliono il diritto all’ integrazione scolastica e non la qualifica di invalido civile. La responsabilità di tale misfatto è dell’ ex ministro Moratti, che ha voluto lasciare il campo dopo averlo disseminato di mine. I governanti attuali, per non essere da meno ai loro predecessori, hanno deciso che ci debba essere un insegnante di sostegno ogni due alunni diversamente abili. L’ in più si taglia. Tutto ciò, a Napoli e in Campania, per l’ anno scolastico che comincia, significa 500 alunni disabili in meno, o meglio 500 alunni disabili che non sono arrivati al traguardo della certificazione, e 1200 posti di insegnanti di sostegno tagliati. Al posto di risolvere il problema dell’ edilizia, delle classi sovraffollate, della sicurezza, dell’ assenza di tempo pieno, della dispersione, aggrediscono l’ unica cosa che funzionava, l’ integrazione scolastica. E la Bastico, viceministro della Pubblica istruzione, arriva a vantarsi di aver bloccato in Campania l’ assunzione di «1200 prof in più». Per ora stanno protestando energicamente in tutta la regione tanti insegnanti di sostegno disoccupati. Dopo che il ministero ha fatto di tutto per aumentare il loro numero, appaltando corsi a iosa a voraci università, in assenza di qualunque programmazione, ora non ci sono posti. All’ inizio delle lezioni manifesteranno le associazioni delle famiglie degli alunni diversamente abili gridando tutta la loro rabbia. Ed io faccio pubblica ammenda a nome mio e di quanti hanno storto il naso davanti alle loro iniziative degli scorsi anni, quando hanno portato in piazza alunni in gabbia o attrezzi da macellai: avevano ragione. Passato il tempo delle proteste e delle manifestazioni, verrà il periodo feriale in cui le scuole vivranno quotidianamente tutte le contraddizioni di un servizio dimezzato. E ai genitori degli alunni disabili, per veder garantito ai loro figli il diritto all’ istruzione e all’ integrazione, non resterà che rivolgersi alla magistratura. Questo finale lo possiamo cambiare. Siamo ancora in tempo, coordinandoci e coinvolgendo regione ed enti locali, ad avere più ore di sostegno e più insegnanti. Ecco allora l’ augurio di buon anno scolastico ai ragazzi diversamente abili della Campania: che la loro battaglia venga combattuta e vinta da tutti, studenti, scuole, cittadini.