GLI INSEGNANTI PROMOSSI A PIENI VOTI

FRANCO BUCCINO

Repubblica ed. Napoli, 6 aprile 2004

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Dalla recente indagine Eurisko Demos gli insegnanti della scuola italiana sono usciti promossi a pieni voti. Molte persone si sono sorprese di questo risultato, non tanto perché nel loro intimo diano un giudizio diverso dagli intervistati, quanto perché recenti maître-a-pénser in tutte le occasioni, soprattutto nei salotti mediatici, hanno avanzato più di un sospetto: “La riforma Moratti? Bella ma non cammina: gli insegnanti non sono all’altezza, la corporazione degli insegnanti si oppone, insomma gli insegnanti sono il vero ostacolo della riforma”.
Il giudizio positivo espresso sugli insegnanti e sulla scuola pubblica pone seri problemi a chi sostiene che la riforma, almeno quella che è presentata nella carta patinata delle riviste o negli accattivanti spot televisivi, sia molto gradita a famiglie e studenti; pone seri problemi a chi questa scuola pubblica la sta drasticamente ridimensionando, tagliando risorse e personale.
Sarei curioso di sapere come hanno risposto gli intervistati di Napoli e della Campania. A differenza degli altri, avranno sottolineato i gravi problemi della scuola? Saranno rimasti atavicamente e sanamente scettici o indifferenti davanti alle lusinghe della riforma? È probabile di sì. Di sicuro, come gli altri e più degli altri, avranno espresso un giudizio positivo sugli insegnanti. Il perché è presto detto. Da noi gli insegnanti sono il valore in più della scuola. Considerando strutture inadeguate e non a norma, l’assenza cronica di laboratori e palestre, insufficienti servizi di mensa e trasporti, evanescenti politiche per la cultura e il tempo libero, spesso sono l’unico valore. Da noi i docenti non solo non hanno concorrenti, ma quasi sempre devono supplire gli assistenti sociali, gli psicologi, qualche volta perfino i carabinieri. E gli insegnanti di sostegno sono gli unici ad accarezzare e far sorridere ragazzi handicappati.
Nelle settimane scorse, confesso, mi sono sentito a disagio nel vedere le continue proteste dei genitori, dei comitati a difesa del tempo pieno, in tutta Italia meno che da noi. Ma come poteva essere diversamente? Nelle nostre poche scuole dove esistono rientri o prolungamenti, spesso nella stessa aula si fa lezione, mensa, ricreazione e laboratorio, e gli insegnanti sono soli e senza attrezzature a inventarsi attività integrative.
Non so se la Moratti conserverà, come ha promesso, la quota di tempo pieno, di sicuro ridimensionerà il tempo normale, il nostro, la soglia al di sotto della quale la scuola non è più scuola. Così come eliminerà tutti gli “sprechi” di personale. Da noi significa una cosa sola: tagli degli organici, riduzione di bidelli e, soprattutto, di insegnanti. Quegli insegnanti di cui avevamo fatto, certo, una discreta riserva, anche con alcune invenzioni: planimetrie di aule anguste che giustificano meno alunni e più classi, alunni solo difficili con il sostegno, qualche posto in deroga in più a favore degli handicappati, un’abbondanza di indirizzi alle superiori, le sperimentazioni diffuse. Anche con questi sotterfugi abbiamo governato la scuola napoletana e campana e le sue contraddizioni, e l’amministrazione scolastica ha chiuso un occhio, anzi ha incoraggiato tali operazioni. Ma chi ha aiutato le scuole negli anni scorsi a crearsi questo organico oggi è tornato, ironia della sorte, direttore scolastico regionale, fedele esecutore della politica della Moratti.
Non abbiamo più molto tempo. Prima che ci smontino la scuola pubblica, proviamo a fare bene ognuno la propria parte, gli enti locali garantendo alle nostre scuole strutture più adeguate e servizi, i genitori scegliendo con coraggio consapevole tempi pieni e comunque lunghi per i loro figli, i docenti assumendosi la responsabilità di puntare sempre e comunque alla qualità dell’offerta formativa.
L’autore è segretario regionale della Cgil scuola

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