PRESIDI O DIRIGENTI SCOLASTICI?

Dopo la decisione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione sulla “rotazione dei presidi”


FRANCO BUCCINO

Come se mancassero i problemi alle scuole, l’avvio del prossimo anno sembra esser compromesso dalla “mobilità” dei dirigenti scolastici (DS), tra pensionamenti, dimissioni per raggiungimento di anzianità di servizio, dimensionamento della rete scolastica, e, ultimo, per rotazione in applicazione della decisione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Rimangono poi, come spada di Damocle, elenchi di insegnanti dichiarati idonei, per sentenza, in concorsi a DS. Alcuni, con ulteriore sentenza, aventi diritto ad essere immessi nei ruoli della propria regione, in concorrenza con quanti fanno da anni i DS fuori regione ed ambiscono a un trasferimento.
Troppo complicato? È quello che succede tutti gli anni. Certo in una forma che si preannuncia più esagerata. E che vede l’enorme responsabilità dell’amministrazione scolastica che non programma concorsi, selezioni, bandi chiari, non prevede per tempo pensionamenti, non valuta l’andamento demografico e gli effetti sul dimensionamento. Tutto alla luce di politiche scolastiche sempre all’insegna di tagli iniqui, che tra l’altro non portano neanche al risparmio che il ministero spera.
E stiamo parlando dei DS, uno per scuola. Immaginate quel che succede per insegnanti e personale amministrativo, tecnico, ausiliario…
Ma oggi tiene banco la notizia dell’anticorruzione. I dirigenti scolastici coinvolti non sembrano molti, e però l’idea di dover lasciare a scadenza prefissata, obbligatoriamente, la scuola che si dirige, ne mette in crisi parecchi.
Inutile dire che la decisione di sottoporli a rotazione, dopo valutazione diversa per tanto tempo, arriva in corso d’opera, e disorienta, alimenta proteste.
Provo a dire il mio punto di vista.
Intanto, nell’informazione, giornali e mass media, e nella stessa determinazione dell’Anac, si parla di presidi e non di dirigenti scolastici. Un “declassamento” non casuale, apparentemente solo terminologico, ma nel quale può esserci, secondo me, la spiegazione dell’arcano.
Più di una ventina di anni fa, quasi una trentina, diversi di noi, presidi appartenenti a sindacati e associazioni, provammo a costruire la figura apicale del dirigente nella scuola. Sembrava una nostra velleità, fino a che non si incrociò con l’autonomia scolastica, con la legge Bassanini del ’97. Che definì un’autonomia delle scuole didattica, organizzativa, di ricerca, ma che ne toccò solo in minima parte gli aspetti gestionali, per niente quelli finanziari.
In ogni caso, per questa scuola autonoma si pensò a una figura dirigenziale; dopo. Dopo molte discussioni prevalse l’idea e il profilo del dirigente scolastico: dirigente sì, ma proveniente dalla docenza.
Come l’autonomia della scuola era ed è a metà, così anche la dirigenza del capo d’istituto era ed è a metà. Avemmo un riconoscimento economico che ci portò a distanziare docenti e altro personale, ma rimanemmo ben distanti dalla dirigenza pubblica, quella vera.
E non è stato solo un problema economico. Abbiamo capito ben presto che le scuole continuavano ad essere dirette e condizionate da Ministero e Provveditorati o Direzioni scolastiche regionali. L’autonomia spesso si riduce a compiti sui quali l’amministrazione non ha intenzione di metterci un euro o che non riesce a normare: rogne che scarica sulle scuole “autonome”!
E allora quelli che dovevano essere istituti contrattuali propri della dirigenza e dell’autonomia, sono stati gradualmente disattesi: rotazione effettiva degli incarichi, valutazione del dirigente con significative quote di stipendio di risultato, e così via. E si è tornati ai vecchi trasferimenti, punteggi, precedenze, ecc.
La conclusione è che una dirigenza vera si realizza solo in una scuola veramente autonoma. Allora, provocatoriamente e con rammarico, lasciamogli i vecchi istituti contrattuali. E l’Anac riveda la sua direttiva. Per quelli che non a caso chiama presidi anziché dirigenti scolastici!

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