La scuola che vorremmo

Tra Agenda Sud e Piano di dimensionamento della rete scolastica                                                          

LA SCUOLA CHE VORREMMO        

Franco Buccino

Ricordate il ministro Valditara a Catanzaro, due settimane fa? Ci si aspettava che presentasse il nuovo piano di dimensionamento della nostra rete scolastica, come aveva annunciato. Invece ha lanciato “Agenda Sud” un progetto pilota ministeriale, che nelle sue intenzioni dovrebbe accorciare le distanze e ridurre le differenze, il gap formativo, del Sud con il resto d’Italia.

L’Agenda Sud prevede il solito osservatorio, 150 scuole coinvolte, “platea che poi speriamo possa essere rafforzata”, scelte dall’Invalsi “sulla base di dati oggettivi”, che alla fine di un biennio di sperimentazione ci dirà l’esito e, quindi, la replicabilità.

Ecco, in sintesi, i 10 punti del piano:

Le scuole coinvolte metteranno al centro gli studenti con orientamento e personalizzazione. Aumenteranno la didattica laboratoriale, superando la lezione frontale. Saranno aperte mattina e pomeriggio, anche durante le vacanze. Vedranno potenziato l’organico con almeno quattro docenti, avranno risorse per pagar loro incarichi aggiuntivi. Attueranno un’attenta formazione dei docenti. Coinvolgeranno le famiglie. Avranno il supporto dell’Invalsi. Aumenteranno il tempo scuola, anche con le mense. Favoriranno le attività sportive, investendo sulle palestre scolastiche.

All’inizio sono rimasto sconcertato. Mi sono detto: “Ma qualcuno del Ministero, il MIM (ministero istruzione e merito), ha spiegato al ministro che si tratta quasi di un copia e incolla del solito progetto pilota ministeriale? Se pure qualcuno di essi sembrava decollare, poi si fermava per mancanza di risorse”. E ancora: “Ho sentito che il ministro vuole portare gli istituti professionali (quelli con le punte più alte di dispersione) a quattro anni. Forse sarà l’unico modo per ridurre di qualche decimale la dispersione e per far pagare il finanziamento del progetto sperimentale agli stessi studenti!”

Quanto più mi esasperavo in questa polemica “virtuale”, tanto più mi rendevo conto di sbagliare. Non certo nei confronti del Ministro, quanto nei confronti delle scuole e dei ragazzi, che meritano, da noi tutti, obiettivi comuni, piani condivisi e confronti corretti. 

Rileggendo i dieci punti dell’Agenda Sud, mi sono reso conto che diversi temi stanno anche nelle proposte che mi accingo a presentare per un nuovo piano di dimensionamento scolastico. E che non riguardano solo le scuole del Sud. Per tanti aspetti, i punti dell’Agenda vanno oltre, vanno bene per tutto il paese. È come se Agenda Sud diventasse Agenda Italia. Diventa, allora, ancora più urgente il problema di individuare il percorso, le tappe, i tempi, le risorse, senza velleità, in modo concreto.

Passo alle mie proposte, cominciando dalle “scuole”, il luogo fisico frequentato da alunni e studenti. Tutti gli alunni devono essere ospitati in un edificio “scolastico”, sia esso sede principale, sia plesso o sede staccata o altro. Devono essere edifici con numero adeguato di aule, laboratori, palestra, mensa, spazi comuni, locali per direzione e amministrazione. Non ha senso occupare uno spazio condominiale, i locali della parrocchia o del comune. Una scuola per essere scuola, che sia unica sede o singolo plesso, deve avere questi requisiti.

Tali edifici non si trovano in tutti in tutte le zone, tutti i quartieri, tutti i paesi. Diventa fondamentale il trasporto, pubblico o scolastico: deve essere garantito ai disabili e a tutti i ragazzi iscritti. Alla rete dei trasporti si adegua, con opportune flessibilità, la scuola per le sue attività, che si svolgono di mattina e di pomeriggio. In ogni edificio scolastico c’è il servizio mensa: è la mensa che permette di espandere il tempo scuola.

Gli studenti che frequentano scuole secondarie di secondo grado con particolari indirizzi, in genere con sede unica nei centri principali, devono poter usufruire, attraverso convenzioni, di posti in convitti ed educandati.

 Questa sorta di programma, così impegnativo, prevede, a sua volta, la necessità di affrontare altre questioni: di politica scolastica e contrattuale. Il ruolo dei genitori: che arrivi a concordare un percorso personalizzato per il proprio figlio. Il riordino dei cicli, anche con l’obiettivo di portare gli studenti a conseguire la maturità a diciotto anni. Poi, una sorta di riordino degli indirizzi di studio: presenti in un istituto solo se ci sono i requisiti numerici,  logistici e strumentali. Uno snellimento e un’accelerazione del processo di attuazione della piena autonomia scolastica, a cominciare dall’organico funzionale e dalla titolarità dei docenti, se forniti dei titoli, anche su ambiti disciplinari, che comprendono cioè più classi di concorso. E, di conseguenza, una ridefinizione, attraverso strumenti contrattuali, dello stato giuridico e delle carriere dei docenti, del  personale tecnico e amministrativo. Ultima, ma certo non meno importante, la piena attuazione della dirigenza scolastica.

Ovviamente si tratta di avviare un percorso che ha i suoi tempi, che richiede investimenti coraggiosi, non certo il modestissimo finanziamento del progetto sperimentale. Ma si tratta di un percorso che mira a riordinare e rilanciare la scuola nel nostro paese. Ad avere ragazzi più preparati sia per il prosieguo degli studi, sia per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ad abbassare le tristi percentuali di dispersione scolastica. A diventare perfino uno strumento utile e attraente contro la denatalità.

Per realizzare quest’obiettivo c’è bisogno di una grande intesa tra tutte le forze politiche, c’è bisogno della volontà comune di mettere la scuola, i ragazzi, le ragazze e il loro futuro, al primo posto dell’Agenda Italia. A partire dalla decisione unanime di “tenere fuori – come ha detto il presidente della Regione Calabria – la scuola dalla questione dell’autonomia differenziata”.

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