Franco Buccino
Mi è capitato di recente di riguardare la storia del dimensionamento della rete scolastica degli ultimi venti anni, ricca di errori e contraddizioni. Per la verità ho anche pensato che, per tanti motivi demografici, economici, sociali, è venuto il momento di rivedere completamente la rete scolastica: l’organizzazione di scuole, punti scuola, contesti di apprendimento, didattica a distanza, ecc.
Per la realizzazione di una nuova e stabile rete c’è bisogno del contributo di tutti, istituzioni, parti sociali, cittadini e famiglie. Provo a presentare alcuni spunti di discussione per stimolare l’avvio di un dibattito che porti all’elaborazione di una proposta di piano da consegnare a governo e parlamento.
Discenti, docenti e luogo dell’apprendimento: la scuola. La scuola significa proprio l’edificio scolastico. Per l’apprendimento e per la socializzazione, l’istruzione e la formazione. Gli ultimi risultati Invalsi hanno, tra le varie cose, messo in risalto qualche problema nella scuola primaria, storica roccaforte del sistema scolastico, proprio perché la didattica a distanza ha potuto intervenire sull’istruzione, meno sulla formazione. Istruzione e formazione, almeno quando parliamo di ragazzi, sono inseparabili.
La scuola è il luogo fisico dell’incontro, della comunità, oltre che dell’istruzione. Per poter svolgere tali compiti ci vogliono edifici scolastici. Devono essere edifici con numero adeguato di aule, laboratori, palestra, mensa, spazi comuni, locali per direzione e uffici. Una scuola, che sia unica sede o singolo plesso, deve avere questi requisiti. Non ha senso occupare qualche appartamento in un condominio, locali della parrocchia o del comune.
Ci vogliono, naturalmente, anche alunni e studenti! E non è sbagliato, perfino dal mio punto di vista, che negli edifici scolastici ci vada un numero di studenti adeguato agli spazi e alle strutture di cui dispone. Seicento, novecento…
È importante tener conto di due elementi fondamentali: il trasporto scolastico e gli ambiti territoriali del sistema scolastico regionale.
Poiché tali edifici non si trovano in tutti in tutte le zone, tutti i quartieri, tutti i paesi, diventa fondamentale il trasporto, scolastico o, in alcuni casi, pubblico. Deve essere garantito ai disabili e a tutti i ragazzi iscritti. Alla rete dei trasporti si adegua, con opportune flessibilità, la scuola per i suoi orari, le sue attività. In ogni edificio scolastico c’è il servizio mensa: è la mensa che permette di espandere il tempo scuola.
Gli studenti che frequentano scuole secondarie di secondo grado con particolari indirizzi, in genere con sede solo nei capoluoghi, devono poter usufruire, attraverso convenzioni, di posti in convitti ed educandati.
Gli ambiti territoriali vanno rimodulati. Ogni ambito deve offrire a tutti gli alunni e studenti residenti un posto in una scuola e in un edificio scolastico. L’ambito deve supportare le reti tra le scuole e sostenerne l’autonomia. Altro che organo burocratico che gestisce supplenze, soprannumero e titolarità dei docenti.
Questa sorta di programma, così impegnativo, prevede, a sua volta, la necessità di affrontare altre questioni: di politica scolastica e contrattuale. Il ruolo dei genitori: dagli organi collegiali al ruolo del singolo che arrivi a concordare un percorso personalizzato per il proprio figlio. Il riordino dei cicli, anche con l’obiettivo di portare gli studenti a conseguire la maturità a diciotto anni. Poi, una sorta di riordino degli indirizzi di studio: presenti in un istituto solo se ci sono i requisiti numerici, logistici e strumentali. Uno snellimento e un’accelerazione del processo di attuazione della piena autonomia scolastica, a cominciare dall’organico funzionale e dalla titolarità dei docenti, se forniti dei titoli, anche su ambiti disciplinari. E, di conseguenza, nuove opportunità di carriera per i docenti, per il personale tecnico e amministrativo. Ultima, ma certo non meno importante, la piena attuazione della dirigenza scolastica su unità scolastiche più complesse e articolate.
Ovviamente si tratta di avviare un percorso che ha i suoi tempi, che richiede investimenti coraggiosi, non certo il modestissimo finanziamento del progetto sperimentale Agenda Sud. Ma si tratta di un percorso che mira a riordinare e rilanciare la scuola nel nostro paese. Ad avere ragazzi più preparati sia per il prosieguo degli studi, sia per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ad abbassare le tristi percentuali di dispersione scolastica. A far diventare la scuola perfino uno strumento utile e attraente contro la denatalità.
Per realizzare quest’obiettivo c’è bisogno di una grande intesa tra tutte le forze politiche, c’è bisogno della volontà comune di mettere la scuola, i ragazzi, le ragazze e il loro futuro, al primo posto dell’Agenda Italia. A partire dalla decisione quasi unanime di “tenere fuori la scuola dalla questione dell’autonomia differenziata”