Scuola, proposte per fermare il precariato

Franco Buccino

(REPUBBLICA ed. Napoli, 27 luglio 2023


Fanno notizia in questi giorni le cattedre vacanti. Vacanti in Lombardia e Piemonte, ma anche in Campania e Sicilia, sia pure in misura ridotta. L’avvio caotico del prossimo anno scolastico è garantito! In termini un po’ semplicistici si dice: al netto delle operazioni di pensionamento e di immissioni in ruolo autorizzate, rimangono migliaia di cattedre e posti vacanti.
Ma non sarebbe sufficiente neppure aumentare il numero di immissioni in ruolo. Per due motivi almeno: ci sono graduatorie ormai esaurite sia per le immissioni in ruolo che per incarichi annuali; e poi numeri anche massicci di immissioni in ruolo non garantiscono né l’eliminazione del precariato né la sua riduzione. Ultima riprova con la “buona scuola” di Renzi di qualche anno fa: quasi centomila immissioni in ruolo, e l’anno dopo il solito enorme numero di incarichi per i nuovi precari.
Il meccanismo perverso è noto ai più. E nasce dalla provenienza di docenti e lavoratori della scuola dal Sud e dal Centro. Capitava cinquant’anni fa e succede ancora oggi. Si va a lavorare al Nord con l’idea e la prospettiva di tornare nei territori di provenienza. Si passa di ruolo al Nord e si ha il trasferimento per il Centro e il Sud. Dove più docenti e altro personale, in media più anziani, vanno in pensione. E chi non ha il trasferimento definitivo, può ottenere il trasferimento annuale o un’assegnazione provvisoria.
I precari del Sud o stanno alle prime armi, in attesa di supplenze di pochi giorni, o sono pronti a spendere cifre importanti per master vari, o sognano di ottenere il titolo di sostegno. Ma se non vanno al Nord diventeranno i nostri precari storici…
Il rientro al centrosud di insegnanti sguarnisce il Nord, determina in tale territorio il gran numero di cattedre e posti vacanti, per coprire i quali non basta lo scorrimento delle graduatorie. E, di fatti, si passa spesso agli elenchi delle “messe a disposizione”. Precari ancora più precari!
L’unica motivazione seria dell’autonomia differenziata applicata alla scuola è l’esigenza di avere insegnanti stabili anche per i ragazzi del Nord. Solo che è sbagliato lo strumento, quello di pagare di più gli insegnanti delle loro scuole per “trattenerli”.
Ma non si può fare niente per avere meno precari e garantire di più il diritto alla continuità didattica? In realtà si può fare molto, si deve fare molto.
Per esempio, non è possibile che l’Amministrazione scolastica ripeta ogni anno le stesse operazioni: trasferimenti, assegnazioni, nomine di incaricati; tutte con relativi ricorsi e controricorsi, contenziosi fino al Tar. Negli uffici dei “provveditorati” significa finire le operazioni di un anno e cominciare le nuove senza interruzione. Nelle scuole significa ritardi, balletti, lezioni in meno per gli studenti. E per tanti di loro, soprattutto i disabili, la continuità rimane un miraggio.
Poi, secondo me, bisogna rivedere alcune proposte fatte in passato, e rapidamente abbandonate. L’obiettivo era, ed è, quello di rendere le scuole autosufficienti, e ricorrere ad altro personale, docente o ata, solo in casi straordinari. Pensare a nuclei esterni di personale a disposizione non funziona, funziona poco, non fa risparmiare. Bisogna dotare le scuole dell’organico funzionale. In passato ci si è arresi davanti alla molteplicità delle cattedre, nelle secondarie, ma anche nella primaria. Forse è il momento di pensare ad ambiti disciplinari, tipo Stem, che includano varie classi di concorso e quindi cattedre diverse, su cui collocare docenti con titoli di studio idonei. Fornire loro delle abilitazioni “multidisciplinari”. Dotare le scuole di organico aggiuntivo per ambiti disciplinari è un obiettivo perseguibile, nella logica dell’autonomia scolastica piena, vale a dire didattica, organizzativa e finanziaria.
Sono proposte che in prima battuta sembrano andare contro gli interessi dei lavoratori, ma in realtà snellire il sistema e recuperare risorse apre la strada a miglioramenti economici dignitosi e alla definizione di profili e carriere. A vantaggio della scuola e di quanti la frequentano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *