C’è bisogno di un progetto condiviso sulla scuola

(a proposito dell’intervista del ministro Valditara a Repubblica)

Franco Buccino

In una lunga intervista a Repubblica il ministro Valditara ha modo di esprimere cosa pensa della scuola, del suo ruolo e dei suoi problemi, soprattutto al Sud. In particolare ha continuato ad enfatizzare un progetto che ha chiamato Agenda Sud e che ha illustrato in Calabria nel giugno scorso.

Ora, il ministro ha il diritto di presentare i suoi progetti sulla scuola. Che, anche per il supporto di validi esponenti della sua amministrazione, colgono esigenze e mirano a risolvere problemi, a soddisfare bisogni degli alunni e degli studenti. E però i progetti oltre ad essere ben fatti devono avere un’adeguata copertura. E anche tempi certi di attuazione. Devono coinvolgere, per quanto è possibile, gli alunni di oggi, non quelli del futuro.

È quasi inutile dire che gli attuali stanziamenti, compreso il miliardo di fondi Pon, sono largamente insufficienti a realizzare il progetto Agenda Sud, anzi Agenda Italia, visto che i problemi che si riassumono in lotta all’abbandono e all’evasione scolastica non riguardano solo il Sud, ma tanti altri territori del nostro paese.

I venticinque milioni destinati a Caivano si dovrebbero moltiplicare per migliaia di scuole e per interventi al netto di edilizia scolastica, mense e trasporti. Come fa il ministro a parlare di 10 interventi di rilancio: “manderemo più docenti, daremo loro una formazione specifica per lavorare in contesti più difficili, allungheremo il tempo scuola con il potenziamento disciplinare, sport e teatro e altre attività, investiremo su mense e palestre, punteremo sulla didattica laboratoriale”?

Si esagera a parlare dei 200.000 e oltre supplenti, il ministro si vanta  che sarebbero al momento poco più di 130.000, a cui si aggiungeranno, secondo lui, solo 25-30 mila (!) insegnanti di sostegno sull’organico di fatto.

Bisogna dargli atto di due impegni importanti che prende: far chiudere agli insegnanti di sostegno un ciclo scolastico; una convenzione con le Regioni, a cominciare dalla Lombardia, per alloggi residenziali a prezzi calmierati per il personale della scuola che arriva dal centrosud. Speriamo che riesca a mantenerli.

Ma poi continua con l’impegno a tenere le scuole aperte d’estate. Nonostante l’esercito di addetti, punta sul Terzo Settore: associazioni e volontari, che in realtà dovrebbero supportare il pubblico, non certo sostituirlo!    

Infine i suoi due cavalli di battaglia: il voto in condotta e l’istruzione tecnica e professionale. Sinceramente, la parte più ideologica e divisiva.

Il voto in condotta farà media. Presumibilmente servirà a bocciare un po’ di alunni in più, che sono pure discoli oltre a non studiare, o a rimandarli a settembre per un esame di riparazione sui temi della cittadinanza e della Costituzione. Il provvedimento, secondo lui, di sicuro darà alla scuola e agli insegnanti più rispetto e dignità.

L’istruzione tecnica e professionale durerà quattro anni. Non si sa ancora se si conclude col diploma. Il ministro ha in mente, non si sa se per tutti, dopo i 4, 2 anni di Its “uniti in filiera”. Perché “un cuoco non è socialmente meno rilevante di un ingegnere”.

Eppure, nonostante enormi differenze e divergenze, è forse il momento di cominciare, con la disponibilità del Ministro, un confronto serrato su alcuni temi vitali per il sistema scuola e per i nostri ragazzi.

A cominciare dalla rete scolastica. Le ultime disposizioni si fermano a ridurre il numero delle unità scolastiche, aumentando perfino gli alunni per scuola. Eppure, per tanti motivi, demografici, economici, sociali, è proprio il momento di rivedere la rete scolastica, l’organizzazione di scuole sul territorio, i punti scuola e gli indirizzi di studio, i requisiti dei contesti di apprendimento, didattica a distanza, ma anche tempo scuola, organici, ecc. ecc.

Forse non è sbagliato intendere con scuola  proprio l’edificio scolastico. Il luogo per l’apprendimento e per la socializzazione, l’istruzione e la formazione. La scuola è il luogo fisico dell’incontro, della comunità, oltre che dell’istruzione. Per poter raggiungere tali obiettivi ci vogliono edifici scolastici. Devono essere edifici con numero adeguato di aule, laboratori, palestra, spazi comuni, locali per direzione e uffici. Una scuola, sia essa unica sede o singolo plesso, deve avere questi requisiti. Non ha senso occupare qualche appartamento in un condominio, locali della parrocchia o del comune.

Poiché tali edifici non si trovano certo in tutti in tutte le zone, diventa fondamentale il trasporto scolastico. Alla rete dei trasporti si adegua, con opportune flessibilità, la scuola per i suoi orari, le sue attività. In ogni edificio scolastico ci deve essere il servizio mensa: è la mensa che permette di espandere il tempo scuola.

Gli ambiti territoriali vanno rimodulati. Ogni ambito dovrebbe offrire a tutti gli alunni e studenti residenti  un posto in una scuola, in un edificio scolastico. L’ambito deve supportare le reti tra le scuole e sostenerne l’autonomia. Altro che organo burocratico che gestisce supplenze, soprannumero e titolarità dei docenti e del restante personale!

Da qui deriva la necessità di affrontare altre questioni: di politica scolastica e contrattuale. Il ruolo dei genitori e rinnovati organi collegiali  Il riordino dei cicli, anche con l’obiettivo di portare gli studenti a conseguire la maturità a diciotto anni. Poi, una sorta di sistemazione degli indirizzi di studio: un istituto, per avviarli, deve avere i requisiti numerici,  logistici e strumentali. Uno snellimento e un’accelerazione del processo di attuazione della piena autonomia scolastica, a cominciare dall’organico funzionale e dalla titolarità dei docenti, se forniti dei titoli, anche su ambiti disciplinari. E, di conseguenza, nuove opportunità di carriera per i docenti, per il personale tecnico e amministrativo. la piena attuazione della dirigenza su unità scolastiche più complesse e articolate.

Ovviamente si tratta di avviare un percorso che ha i suoi tempi, che richiede investimenti coraggiosi, non certo il modesto finanziamento del progetto sperimentale “Agenda Sud”. Ma si tratta di un percorso che mira a riordinare e rilanciare la scuola nel nostro paese. Ad avere ragazzi più preparati sia per il prosieguo degli studi, sia per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ad abbassare le tristi percentuali di dispersione scolastica. A far diventare la scuola perfino uno strumento utile e attraente contro la denatalità.

Comincino a discuterne, tutti insieme, governo, istituzioni, sindacati, e costruiscano una piattaforma condivisa. Gli studenti e le loro famiglie l’aspettano.

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